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Gli auguri del rettore Zucchi per le prossime festività

1 mese 3 settimane ago

Di fronte ad una comunità accademica sempre più plurinazionale e plurireligiosa rinnovo anche quest’anno gli auguri a coloro che nei prossimi giorni e settimane celebreranno importanti festività.

Auguri che sono ancora più importanti come segno di pace di fronte a uno scenario internazionale segnato da conflitti che colpiscono tragicamente le popolazioni coinvolte. In questo contesto è dunque urgente ricordare che una missione fondamentale dell’università è quella di educare alla conoscenza reciproca, in modo da prevenire ogni forma di intolleranza e di violenza, nel pieno rispetto della tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

Un augurio sentito va dunque alla comunità musulmana della nostra università per l’inizio del Ramadan, secondo la tradizione islamica il mese sacro del digiuno, dedicato alla preghiera, alla meditazione e all’autodisciplina per ricordare quando il profeta Muhammad ricevette la rivelazione del Corano.

Vogliamo estendere gli auguri anche a coloro che festeggeranno nei prossimi giorni il Nowruz, il Capodanno persiano che affonda le sue radici nell’epica intrecciandosi con lo zoroastrismo e che coincide di fatto con l’equinozio di primavera.

Auguri ancora per la prossima Pasqua, la festa più solenne della religione cristiana che celebra la risurrezione di Gesù che ha liberato uomini e donne dalla schiavitù del peccato e dalla paura della morte.

Auguri infine per la festa di Pesach, la Pasqua ebraica, che rievoca la conquista della libertà del popolo ebraico dalla schiavitù dell’Egitto.

La costruzione di una comunità più armonica, inclusiva e solidale passa attraverso il riconoscimento delle sue diverse componenti, differenze che sono per noi una ricchezza. Con i nostri auguri vorremmo creare una comunità che sia specchio di un mondo possibile.

Riccardo Zucchi
Rettore Università di Pisa

Redazione Web

Scritture per il teatro e le serie TV: presentata la Summer School internazionale dell’Università di Pisa

1 mese 3 settimane ago

A Pisa per studiare sceneggiatura e scrittura per il teatro e per le serie TV: è questa la proposta di Hues of Writing (HoW) - Scritture per la scena: teatro e serie TV, la Summer School internazionale promossa dal Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa tra le azioni formative del Progetto CECIL – Centro di Eccellenza per il Contrasto all’Impoverimento Linguistico, selezionato dal MUR come Progetto di Eccellenza per il quinquennio 2023-2027.

In programma a Pisa dall’8 al 13 luglio presso il Polo Le Benedettine (piazza San Paolo a Ripa d’Arno, 16), l’edizione 2024 di Hues of Writing prevede 2 laboratori di 28 ore di lezione ciascuno, l’uno dedicato alla scrittura per il teatro e l’altro alla scrittura per le serie TV, la realizzazione e la discussione di un project work finale per ogni corsista, oltre a incontri in plenaria e tavole rotonde con esperti e personalità di spicco nei campi della letteratura, della scrittura creativa e degli studi su adattamento e transmedialità. Il programma settimanale di HoW include inoltre eventi culturali nel contesto cittadino pisano, con visite guidate alla città, rappresentazioni teatrali e proiezioni cinematografiche.

“La scuola estiva “Scritture per la scena” arricchisce l’offerta formativa dell’Università di Pisa aprendosi ad una realtà professionale di indubbia attrattiva per i giovani: e lo fa coniugando i saperi accademici tradizionalmente offerti dal Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica con le competenze professionali garantite dalla qualità dei docenti incaricati dei laboratori, Donatella Diamanti e Franco Farina – spiega la professoressa Roberta Cella, coordinatrice della Summer School – I presupposti perché Pisa diventi un importante centro di formazione per i giovani aspiranti sceneggiatori ci sono tutti”.

Fino al 30 aprile 2024 è quindi possibile presentare domanda per entrare nelle classi della Summer School Hues of Writing (HoW), che si rivolge a studenti universitari, neolaureati, dottorandi, insegnanti, ricercatori nell’ambito delle discipline umanistiche, interessati ad approfondire il tema della scrittura per la scena e ad acquisire nuove competenze nell’ambito della scrittura creativa, della sceneggiatura e dell’adattamento di testi e contenuti per il teatro e la televisione.

Per i partecipanti saranno messe a disposizione due borse di studio, una offerta dall’Università di Pisa e l’altra dal Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica nell’ambito del Progetto d’Eccellenza CECIL, e il superamento della prova finale permetterà l’acquisizione di 3 CFU, compatibilmente con i regolamenti previsti dai Corsi di studio dei partecipanti.

“La Summer School HoW s’inscrive nel progetto CECIL, grazie al quale il Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica ha ottenuto il riconoscimento dell’Eccellenza dal Ministero dell’Università e della Ricerca per il quinquennio 2023-2027 – commenta la professoressa Roberta Ferrari, direttrice del Dipartimento – Si tratta di un progetto ambizioso, che mira al contrasto all’impoverimento linguistico a vari livelli e in diversi ambiti, e attraverso il quale il Dipartimento si apre al mondo del lavoro, delle professioni e della scuola, con percorsi di ricerca e di didattica avanzata”.


Roan Johnson e Roberta Ferrari.

Per maggiori informazioni sui requisiti di ammissione, sulle modalità di iscrizione, sui costi e sulle scadenze, si rimanda alla pagina della Summer School HoW sul sito di Ateneo. Per maggiori approfondimenti su HoW e sulle attività del Centro di Eccellenza per il Contrasto all’Impoverimento Linguistico, invitiamo a visitare il sito del Progetto CECIL.

La Summer School è stata presentata ufficialmente al pubblico e agli studenti lo scorso 16 febbraio alla Gipsoteca di Arte Antica e Antiquarium, in un incontro dedicato ad approfondire i temi e le attività in programma per questa prima edizione di HoW, che verterà sulla scrittura in italiano per la scena. Dopo i saluti del prorettore per la Cooperazione e le relazioni internazionali, Giovanni Federico Gronchi, della direttrice del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica, Roberta Ferrari, e della coordinatrice della Summer School, Roberta Cella, la parola è passata ai docenti della scuola estiva responsabili dei due laboratori previsti, il regista e sceneggiatore Franco Farina per la scrittura per il teatro e la scrittrice e sceneggiatrice Donatella Diamanti per la scrittura per le serie televisive. Gradito ospite dell’incontro il regista Roan Johnson, che ha portato il suo contributo proponendo utili spunti e consigli per lavorare nell’ambito della sceneggiatura e della scrittura per la scena, in un vivace momento di dialogo e scambio con tutta la platea presente.

La giornata di presentazione è proseguita con il Laboratorio di analisi e discussione degli elaborati presentati per la prima edizione del Concorso “Scrittura per la Scena”, condotto dai docenti dell’Università di Pisa Stefano Brugnolo, Alessandro Fambrini e Carlo Tirinanzi De Medici coinvolgendo i finalisti di questa edizione. L’evento si è concluso con l’assegnazione del premio finale a Daniele Casini, che grazie al suo elaborato dal titolo “Prosopopea di un pianto” ha ricevuto la borsa di studio per partecipare alla Summer School HoW 2024.


I partecipanti al concorso.

Redazione Web

Progetto DIRASA: a scuola di competenze nella gestione della ricerca di qualità

1 mese 3 settimane ago

Nell’ambito del progetto Erasmus+ DIRASA - Définition d’un renouvellement de la gouvernance de la recherche en Tunisie - si è svolta a Palermo dal 26 febbraio al 1° marzo una settimana di formazione sui programmi di finanziamento per la ricerca europei e internazionali. Una cinquantina tra figure apicali, tecnici amministrativi e ricercatori delle 13 università tunisine partner del progetto di Capacity Building, oltre a rappresentanti dell’Agenzia Nazionale per la Promozione della Ricerca Scientifica e del Ministero dell’Università e della ricerca del paese nordafricano hanno seguito con grande interesse la formazione erogata da UNIMED, CESIE e dagli atenei di Rouen, Pavia e Pisa. Proprio l’Università di Pisa coordina il pacchetto di lavoro dedicato al rafforzamento delle competenze del personale universitario (accademico e amministrativo) in materia di gestione e qualità della ricerca. La professoressa Viviana Re è la responsabile scientifica del progetto per UNIPI.

Annamaria Pulina (Unità Programmi Internazionali di Cooperazione, Formazione e Mobilità - Direzione Didattica, Studenti e Internazionalizzazione) e Francesca Ceron (Unità Promozione e Progettazione della Ricerca – Direzione Ricerca e Valorizzazione delle Conoscenze) hanno raggiunto Palermo da Pisa per animare la formazione. In particolare, Ceron ha dedicato i suoi interventi alla costruzione del budget nei progetti Horizon Europe e all’azione Marie Skłodowska-Curie, mentre Pulina ha parlato dell’internazionalizzazione come strategia globale degli atenei e come veicolo per aprirsi alla ricerca oltre i confini nazionali.

Dopo le presentazioni, i partecipanti sono stati suddivisi in piccoli gruppi di lavoro per svolgere attività di simulazione e applicazione pratica di quanto appreso. Attraverso una sapiente composizione dei gruppi, tale modalità operativa ha permesso di valorizzare l’eterogeneità delle competenze ed esperienze dei partecipanti, che hanno affrontato da molteplici punti di vista i casi specifici. Rouen e Pavia hanno illustrato le loro iniziative a supporto della progettazione internazionale e per lo sviluppo delle carriere dei giovani ricercatori di talento. L’ultimo giorno il focus si è spostato sulla ricerca e innovazione responsabile. I casi presentati erano progetti gestiti da CESIE e co-creati attraverso un processo partecipativo che ha coinvolto i beneficiari finali fin dalle prime fasi, permettendo di conseguire risultati autenticamente aderenti ai loro bisogni.

Redazione Web

8 marzo: l’Università di Pisa distribuisce un vademecum antiviolenza

1 mese 3 settimane ago

In occasione dell’8 marzo l’Università di Pisa distribuirà a tutta la comunità universitaria un vademecum antiviolenza. L’iniziativa è del Comitato Unico di Garanzia e della delegata del rettore per Gender Studies and Equal Opportunities, professoressa Renata Pepicelli.

Il vademecum illustra quali sono i principali strumenti a disposizione in Ateneo per contrastare la violenza di genere, spiega come riconoscerla e come difendersi. Studentesse e studenti, docenti, personale tecnico amministrativo e chiunque faccia parte della comunità universitaria possono infatti rivolgersi alla Consigliera di fiducia e allo Sportello Interuniversitario contro la violenza di genere. Gratuito, anonimo, senza alcun obbligo di denuncia, lo Sportello è una iniziativa dei Comitati Unici di Garanzia dell’Università di Pisa, della Scuola Normale Superiore e della Scuola Superiore Sant’Anna ed è gestito dal Centro antiviolenza della Casa della Donna di Pisa.

 

 

“Stiamo lavorando per un cambiamento culturale che porti ad una nuova consapevolezza e a riconoscere violenza e discriminazione, dando nello stesso tempo alcuni strumenti per agire” spiega Renata Pepicelli.

“La distribuzione di questo vademecum è un segno concreto nei confronti di tutta la comunità universitaria – sottolinea la professoressa Elena Dundovich, presidente del CUG dell’Ateneo pisano – sono iniziative necessarie anche perché gran parte della nostra comunità è composta da studentesse e studenti e dunque ‘in movimento’, con nuovi arrivi ogni anno, per questo è importante essere sempre presenti su certi temi e non dare mai nulla per scontato”.

Redazione Web

Viareggio: sabato la cerimonia di consegna del Premio "Massimo Tarabella"

1 mese 3 settimane ago

Si terrà nella splendida cornice Liberty di Villa Argentina, a Viareggio, la cerimonia di consegna della prima edizione del Premio di studio "Massimo Tarabella", in programma per sabato 9 marzo alle ore 11:00.

Bandito ogni anno dall’Università di Pisa e offerto dalla famiglia del biologo viareggino scomparso nel febbraio 2023, il premio è assegnato alla migliore tesi di laurea magistrale in Biologia Applicata alla Biomedicina, alla Biologia Molecolare e Cellulare, alle Biotecnologie Molecolari o alle Neuroscienze, conseguita presso l’Ateneo pisano.

 

Il dott. Massimo Tarabella

 

È a Pisa, infatti, che il dott. Tarabella si era laureato nel 1982, con una tesi in Fisiologia sulle “Sinapsi elettro-rettificanti nel piccione e nella sanguisuga”, discussa con il Prof. Giuseppe Moruzzi - uno dei più autorevoli fisiologi del XX secolo. Inaugurando, così, una carriera che, negli anni, lo ha visto collaborare con importanti case farmaceutiche (Squibb, Sandoz, Sclavo, Menarini, Istituto Gentili, Farma Biagini) e maturare una grande esperienza nel campo cardio-vascolare, osteo-metabolico, dei vaccini e degli emoderivati.

Questa prima edizione, a cui hanno partecipato numerosi concorrenti, è stata vinta dalla Dott.ssa Alessia Galante, con una tesi di laurea magistrale in Biologia Molecolare e Cellulare dal titolo “Medicina personalizzata: xenografts di zebrafish e organoidi derivanti da pazienti affetti da adenocarcinoma pancreatico duttale come metodo predittivo nella risposta ai trattamenti chemioterapici” sotto la supervisione della Prof.ssa Vittoria Raffa, Professore Ordinario di Biologia Molecolare presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa. La commissione che ha valutato le tesi di laurea magistrale era composta dal Prof. Massimo Dal Monte, Direttore del Dipartimento di Biologia, dalla Prof. Antonella Del Corso, Presidente del Consiglio Aggregato di Biologia, dalla Prof. Arianna Tavanti, Presidente del Consiglio Aggregato di Biotecnologie, e dalla Dr.ssa Sandra Cosci, moglie del Dr. Tarabella.

Redazione Web

Inaugurazione anno accademico 2023/2024: nota dell’Università di Pisa

1 mese 3 settimane ago

La cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico è stata variamente commentata – in senso sia positivo che negativo – dai mezzi di informazione: nonostante gli elementi di contesto utili al corretto inquadramento di talune scelte siano già stati forniti durante la cerimonia stessa, riteniamo utile tornare ad illustrarli.

Dopo gli eventi del 23 febbraio, in cui manifestazioni studentesche sono state interrotte con l’uso della forza, abbiamo sentito il bisogno di ribadire che l’università è un luogo aperto alla libera e pacifica espressione delle opinioni, anche su temi delicati e divisivi.

Per tale ragione è stato offerto uno spazio a gruppi studenteschi che in questi mesi e su varie questioni avevano presentato mozioni che verranno discusse alla riunione straordinaria del Senato Accademico del 14 marzo. Il gruppo Rompere l’Assedio ha accettato l’invito e un suo rappresentante ha effettuato un intervento. Altri gruppi non hanno manifestato interesse o si sono sentiti rappresentati dall’intervento del Presidente del Consiglio Studentesco.

Questa presentazione non era l’occasione per un dibattito o per un contraddittorio. Come ha detto il rettore, l’università è disponibile, nel Senato Accademico del 14 marzo, a dare spazio a visioni e mozioni diverse, da qualunque parte provengano, che verranno in quella sede ulteriormente argomentate e discusse.

Il rettore ha peraltro ribadito anche durante la cerimonia il suo sgomento per la strage dei civili israeliani dell’ottobre scorso e per la strage dei civili palestinesi attualmente in atto a Gaza, e in passato più volte ha unito la voce del nostro ateneo a tutte le voci che chiedono l’immediato cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi.

Redazione Web

Lucca: UniPi tra i protagonisti del progetto "Moving4future"

1 mese 3 settimane ago

Ci sarà anche l'Università di Pisa tra i protagonisti del progetto “MOVING4FUTURE”, elaborato dalla Provincia di Lucca nell’ambito del Programma Nazionale “G.A.M.E. UPI (G.iovani A.utodeterminazione M.ovimento E.mpowerment) tutti in campo nessuno escluso” e presentato martedì 5 marzo a Palazzo Ducale a Lucca, nel corso di una conferenza stampa a cui hanno preso parte il presidente della Provincia Luca Menesini insieme con Nicola Lucchesi, presidente di Lucca Crea, Nicola Borrelli presidente di Lucca Film Festival, Marco Macchia dell’Università di Pisa, i dirigenti scolastici Iolanda Bocci (Isi Barga) e Lorenzo Isoppo (Ist. Marconi), Giulio Godi del Cai e Andrea Pacitto dell’Atletica Virtus.

Il progetto, di cui è capofila l’ente di Palazzo Ducale, avrà una durata di 12 mesi e coinvolgerà partner ed enti quali Upi Toscana, Lucca Film Festival – Associazione Vi(S)ta nova Ets, Lucca Crea, Atletica Virtus Lucca, CAI-Club Alpino Italiano (Sezione di Lucca), l’Istituto alberghiero “F.lli Pieroni” di Barga, l’Istituto “Marconi” di Seravezza e l’Università di Pisa. Prevede sei fasi, ciascuna con un focus e delle attività precise di gestione e monitoraggio, di comunicazione, di promozione dello sport e di stili di vita sani, di alleanza educativa tra sport, disabilità e comunità.

Tra gli obiettivi specifici, troviamo, oltre alla sensibilizzazione della cittadinanza al valore dello sport, l’organizzazione di lezioni e convegni mirati di scienze dell’alimentazione in relazione ai corretti stili di vita e allo sport; la promozione di eventi sportivi rivolti a giovani normodotati e con disabilità, incontri informativi sulle discipline paraolimpiche. I ragazzi sperimenteranno pratiche di orientering, svilupperanno capacità creative in ambito culinario tenendo conto della salute e dei prodotti locali, si confronteranno nel corso di momenti formativi con persone diversamente abili, per l’acquisizione di esperienze che faranno comprendere l’importanza del rispetto e dell’inclusività.

Inoltre, parteciperanno a un percorso didattico e laboratoriale sull’utilizzo intelligente dei nuovi strumenti multimediali mobili, che saranno applicati allo storytelling nutrizionale e sportivo: un gruppo selezionato di studenti realizzerà dei cortometraggi sotto la guida del docente, che saranno poi proiettati e valutati all’interno di una speciale sezione del Lucca Film Festival 2024 (21 – 29 settembre), quando una giuria di professionisti assegnerà i premi per miglior regia, miglior montaggio e miglior post produzione.

“Sport, alimentazione sana e corretti stili di vita, ma anche sport e disabilità. Sono questi gli ambiti scelti dall’Università di Pisa per la sua partecipazione a questo progetto e attorno ai quali abbiamo voluto creare degli eventi che fossero fortemente attrattivi per i giovani grazie anche al coinvolgimento di campioni come Samuele Ceccarelli – ha messo in evidenza il prof. Marco Macchia, delegato del Rettore per i rapporti con il territorio – Per Sport, alimentazione e corretti stili di vita abbiamo voluto coinvolgere il centro "Nutraceutica e Alimentazione per la Salute" (Nutrafood) ed i corsi di laurea in Scienze Motorie, mentre le iniziative relative alla tematica Sport e disabilità si svolgeranno in collaborazione con il Centro Universitario Sportivo (CUS). Quest’ultima, peraltro, è una tematica a cui l’Università di Pisa è da sempre molto sensibile, tanto da avere attivato, più di vent’anni fa, l'Ufficio Servizi per l'Inclusione di studenti con Disabilità (USID), con il quale partecipa al progetto Sporthabile del Comitato regionale Toscana del Comitato Italiano Paralimpico; in occasione di questo progetto è prevista la presentazione dell’ultimo numero della collana “Progetti di vita – Storie di studenti con disabilità” dedicato proprio a Sport e Disabilità”.

Il professor Macchia ha poi ricordato il forte legame tra l’Università di Pisa e il territorio della Provincia di Lucca, da cui provengono oltre 8.000 studenti dell’Ateneo pisano e a cui sono dedicati corsi di laurea specifici sul Turismo e sulla produzione della carta e del cartone, che si svolgono nella città di Lucca.

 

Al centro, il professor Marco Macchia delegato del Rettore per i rapporti con il territorio assieme agli altri partecipanti al progetto

 

Sviluppato dall’Unione delle Province d’Italia con lo scopo di supportare le attività realizzate dalle amministrazioni provinciali in sinergia con le scuole, le Associazioni e le Società sportive dilettantistiche e gli Enti del Terzo settore (ETS) di ambito sportivo, il Programma Nazionale “G.A.M.E. UPI si  focalizza sull’attività sportiva e sulla sua promozione come mezzo per incrementare il benessere fisico e psicologico tra i giovani, nonché per eliminare barriere economiche, sociali e culturali, contrastando casi di disagio giovanile e favorendo un contesto di aggregazione e inclusività.

Soprattutto in seguito alla pandemia, infatti, la carenza e la limitazione di importanti presìdi di aggregazione, socializzazione e sviluppo per le giovani generazioni, hanno reso necessario riavvicinare e rimotivare i giovani alla pratica sportiva, non solo per incentivare uno stile di vita sano e il benessere fisico, ma anche per le significative occasioni di relazione, conoscenza, condivisione e scambio che lo sport offre. Tale processo identifica la pratica sportiva come strumento concreto di acquisizione di life skills e di valori come senso di responsabilità, lealtà, autonomia e correttezza, incidendo sull’inserimento sociale dei giovani e sul loro coinvolgimento nella società.

Al fine di sostenere attività calibrate sui bisogni dei giovani, è considerata fondamentale l’attivazione del loro protagonismo sin dalla fase di costruzione delle proposte progettuali e verrà pertanto costituito un Comitato Giovani, un organo di governo composto da 20 giovani in rappresentanza delle 20 Province coinvolte, selezionati tramite manifestazione di interesse, che verrà coinvolto nella fase di progettazione e di gestione degli interventi. I Giovani rappresentanti delle Province opereranno a livello comunicativo per raccogliere il punto di vista e le proposte dei ragazzi stessi e rappresentare le istanze, i bisogni e i desideri che ciascun territorio esprime.

Per candidarsi all’avviso di selezione del giovane portavoce del progetto della Provincia di Lucca, la scadenza è prevista per giovedì 7 marzo: è necessario avere tra i 19 e i 35 anni, avere la cittadinanza italiana e essere residente in uno dei comuni della Provincia. L’incarico, per cui è previsto un compenso lordo di 5.000 euro, ha una durata di 12 mesi.

Per ulteriori informazioni e per scaricare la modulistica consultare il link sulla home page del sito della Provincia di Lucca (www.provincia.lucca.it ) o nella sezione “Avvisi bandi e gare”.

Uno dei primi appuntamenti promossi dai partner del progetto sarà venerdì 8 marzo al Campo Coni “Moreno Martini” di Lucca dove, dalle 16,20, è prevista l’iniziativa “L’8 in Virtus” organizzata dalla Virtus Lucca, dalla Palestra Life e dal Centro antiviolenza Luna

 

Redazione Web

Il greenwashing danneggia gli affari, ma non troppo se ci sono le quote rosa

1 mese 3 settimane ago

L’ambientalismo di facciata, il cosiddetto greenwashing, influisce negativamente sugli affari, ma l’effetto è mitigato dalla presenza femminile, quando cioè nei consigli di amministrazione c’è una sostanziale parità di genere. La notizia arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Research in International Business and Finance e condotto dalla professoressa Giuliana Birindelli (foto) del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa in collaborazione con la professoressa Helen Chiappini dell’Università G. d’Annunzio di Chieti-Pescara, e il dottor Raja Nabeel-Ud-Din Jalal dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. La ricerca si è concentrata su un campione di banche europee quotate in borsa (in totale 77, di cui 15 italiane) nel periodo 2013-2020.

“Le banche sono imprese sulle quali l’attenzione della comunità è molto alta – spiega Giuliana Birindelli – tant’è che quando il greenwashing viene scoperto o anche solo percepito scatta la punizione degli investitori e dei clienti. In altre parole, il mercato reagisce con rabbia al tradimento della fiducia, i clienti diventano scettici e personale qualificato può allontanarsi dall’azienda, così come brillanti partner”.

Ma pur rischiando una perdita di legittimità sul mercato e un deterioramento delle performance aziendali, gli esempi di ambientalismo di facciata sono molti. Nel gennaio 2024, la Banca Centrale Europea (BCE) per esempio ha pubblicato un report che ha sollevato preoccupazioni sul greenwashing delle banche europee. Il documento ha infatti rilevato che le banche che si dichiarano più attente all’ambiente hanno in realtà concesso ingenti prestiti alle aziende inquinanti. E tuttavia, come dimostra la ricerca, questi effetti negativi si riducono in presenza di una diversità di genere nei consigli di amministrazione.

Come dimostrano anche altri studi che abbiamo condotto, le donne sono più sensibili alle tematiche ambientali e più orientate alla trasparenza informativa – sottolinea Birindelli – questi aspetti giocano un ruolo importante nel mitigare una pratica scorretta come il greenwahing, ampiamente diffusa anche nel settore bancario, attenuando gli impatti negativi in termini di performance finanziarie. In sostanza, la ricerca dimostra che il greenwashing peggiora la performance bancaria, ma l’effetto si riduce se nei CdA siedono anche le donne”.

Giuliana Birindelli è professoressa ordinaria di Economia degli Intermediari finanziari dell’Università di Pisa. È membro del Banking Advisory Panel presso l’European Financial Reporting Advisory Group, del Comitato scientifico della Fondazione “Organismo Italiano di Business Reporting” e del Comitato Tecnico-Scientifico dell’Associazione Italiana Financial Industry Risk Managers. È Associate Editor di “Economics Notes” (Wiley) e dal dicembre 2017 è sindaca della Banca d’Italia.

 

 

 

Redazione Web

Si laurea a UNIPI Francesco Guerra, campione dei 10.000 metri e ora ingegnere aerospaziale

1 mese 4 settimane ago

Francesco Guerra (foto) corre veloce, in pista come nello studio. Il campione italiano 2022 e vicecampione europeo U23 dei 10.000 metri si è laureato lo scorso sabato in ingegneria aerospaziale con il voto finale di 110 e lode. La tesi, "Resistenza d'onda e implicazioni sul progetto di profili in supersonico" è stata seguita come relatrice da Maria Vittoria Salvetti, docente di ingegneria aerospaziale e direttrice del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale all'Università di Pisa. Un traguardo, quello di Francesco, reso ancora più difficile dagli anni di pandemia, che lo hanno obbligato a rivedere i suoi progetti sportivi e accademici

 

"Ho iniziato i miei studi all'Università di Pisa nel 2019, trasferendomi da Frascati - racconta - Avevo l'esigenza di conciliare la carriera universitaria con quella sportiva e devo dire che Pisa in questo senso è stato un ambiente molto adatto e stimolante. Purtroppo la pandemia mi ha un po' "costretto" a rivedere i miei progetti tornando a Frascati (a febbraio 2021) e proseguendo gli studi a distanza, senza comunque mai dover rinunciare a un'ottima preparazione, grazie anche al modo molto efficace in cui è stata erogata la didattica da remoto.

Francesco è una promessa dell'atletica fin da giovanissimo, con diversi podi nelle categorie ragazzi e U16. Ha indossato la maglia azzurra in tutte le rassegne europee giovanili. Nel 2022 ha conquistato i tricolori U23 dei 10 km su strada, confermando il titolo, e dei 10.000 su pista. Medaglia d’argento nel 2023 agli Europei U23 sui 10.000 metri.

Redazione Web

Ateneo in lutto per la scomparsa del professor Mariano Andrenucci

1 mese 4 settimane ago

Nella notte fra domenica 3 marzo e lunedì 4 marzo ch ha lasciato il professor Mariano Andrenucci, a lungo titolare della cattedra di Sistemi Spaziali e di Propulsione presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell'Università di Pisa.

Qui di seguito pubblichiamo un ricordo del prof. Andrenucci a firma del prof. Fabrizio Paganucci, Presidente del consiglio aggregato dei corsi di Laurea e Laurea Magistrale in Ingegneria Aerospaziale.

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Il Professor Mariano Andrenucci, laureato nel nostro Ateneo nel 1970 in Ingegneria Aeronautica, assistente all’Istituto di Macchine dal 1977 al 1982, è stato Professore Ordinario di Propulsione Aerospaziale dal 1990 al 2014 prima presso il Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale e quindi presso il Dipartimento di Ingegneria Civile ed Industriale. Ha dedicato gran parte della sua carriera scientifica e didattica alla propulsione elettrica per impieghi spaziali. Benchè in pensione, ha continuato volontariamente a tenere un insegnamento di propulsione elettrica fino al 2023 nel corso di laurea magistrale in Ingegneria Aerospaziale.

Con le sue capacità non comuni ed un perenne entusiasmo giovanile, ovvero con un amore viscerale per il suo lavoro di educatore e scienziato, negli anni ha creato a Pisa una scuola di propulsione elettrica unica in Italia e tra le migliori a livello internazionale, trasmettendo a centinaia di giovani di più generazioni e di tutto il mondo la sua stessa passione. Molte decine di suoi allievi lavorano in aziende od istituti di ricerca operanti nella propulsione elettrica in Italia ed all’estero, in molti casi occupando posizioni apicali.

Tra le aziende meritano di essere ricordate Alta SpA (confluita in Sitael SpA), da lui stesso fondata come spin-off universitario, ed Aerospazio Tecnologie. Nel 2011, la Electric Rocket Propulsion Society (ERPS) ha riconosciuto l’eccezionale lavoro del Professor Andrenucci, conferendogli la sua più alta onorificenza, la Stuhlinger Medal, con la seguente motivazione: per i suoi contributi teorici e sperimentali su vari concetti di propulsione elettrica e per il suo ruolo inestimabile nell’educare generazioni di ricercatori e leader nella propulsione elettrica (for his contributions to the theory and testing of various electric propulsion concepts and for his invaluable role in educating generations of scientists and leaders in electric propulsion).

 

Fabrizio Paganucci
Presidente del consiglio aggregato dei corsi di Laurea e Laurea Magistrale in Ingegneria Aerospaziale
Università di Pisa

Redazione Web

Inaugurato il 680° anno accademico dell'Università di Pisa

1 mese 4 settimane ago

L’Università di Pisa ha inaugurato l’anno accademico 2023/2024, il 680° dalla sua fondazione, lunedì 4 marzo con ospiti Benedetto Vigna, amministratore delegato di Ferrari Spa, e Maria Chiara Carrozza, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, entrambi laureati in Fisica nell’Ateneo pisano. L'evento è stato trasmesso anche indirette streaming, sul canale YouTube dell’Università di Pisa è disponibile la registrazione.

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La cerimonia, che si è svolta dalle 11 nell’Aula Magna Nuova del Palazzo della Sapienza, è stata aperta dai saluti delle autorità. L’Assessora a Istruzione, Formazione professionale, Università e Ricerca della Regione Toscana, Alessandra Nardini ha parlato della ferita che si è aperta a Pisa dopo gli scontri del 23 febbraio durante la manifestazione di studentesse e studenti per denunciare quanto avviene a Gaza. Fatti in netto contrasto con i valori di una città che da anni accoglie ragazze e ragazzi da altre regioni e da altre paesi grazie all’eccellenza dei suoi atenei e dei servizi che offre.

Il sindaco di Pisa, Michele Conti ha quindi sottolineato la volontà dell’amministrazione di rendere la città sempre più attrattiva per studentesse e studenti, un luogo dove i talenti possano trovare terreno fertile anche a beneficio dello sviluppo complessivo del nostro Paese.

E’ quindi intervenuto il rettore Riccardo Zucchi che ha tracciato un bilancio dell’ateneo e ricordando poi gli scontri avvenuti a Pisa come “una ferita profonda”, si è soffermato sul ruolo dell'università come luogo di critica e confronto e non torre d’avorio. “L’università è tradizionalmente la sede in cui si esercita la critica alle strutture sociali e concettuali dominanti ed è bene che sia così – ha detto Zucchi - Ci siamo riproposti di dialogare con tutti, ponendo come unica condizione il ripudio della violenza, che non vuol dire soltanto rifuggire la violenza fisica, ma anche evitare aggressioni verbali e rispettare il lavoro di tutti”.

L’università come luogo dove preservare e celebrare la libertà di pensiero è stata anche al centro anche del discorso di Antonella Magliocchi, rappresentante del personale tecnico-amministrativo nel Senato Accademico. A seguire Francesco Grignano, presidente del Consiglio degli studenti, ha puntato l’attenzione su alcune criticità soprattutto nei settori della didattica e del diritto allo studio concludendo poi con una netta condanna delle violenze contro studentesse e studenti della manifestazione del 23 febbraio. Ha preso quindi la parola Anas Khalil, laureando italo-palestinese in medicina all’università di Pisa, che ha parlato degli scontri di Pisa e della situazione a Gaza in qualità di rappresentante di Rompere l’Assedio. Il suo intervento è stato su invito del rettore che nei giorni scorsi ha fatto una chiamata aperta alle varie associazioni che parteciperanno al prossimo Senato accademico del 14 marzo.

In chiusura, prima dell’omaggio musicale del Coro dell’Università, sono intervenuti Maria Chiara Carrozza, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, e Benedetto Vigna, amministratore delegato di Ferrari Spa, entrambi laureati in Fisica nell’Ateneo pisano.

"Sono orgogliosa ed emozionata di trovarmi qui oggi, nello stesso ateneo che ormai molti anni fa mi ha visto laureare – ha detto Maria Chiara Carrozza, nel suo intervento - Il percorso professionale che ne è conseguito ha avuto come perno la conoscenza, ed è proprio a questo valore che oggi voglio richiamare i tanti giovani qui presenti. È dal progredire del sapere, di cui le nuove generazioni saranno artefici nell'immediato futuro, che potranno derivare nuove idee, soluzioni e tecnologie per affrontare le profonde trasformazioni che le nostre società stanno attraversando in moltissimi ambiti. E proprio il sapere sarà lo strumento attraverso il quale sarà possibile comprendere la complessità del mondo che ci circonda".

Rivolto alle nuove generazioni anche l’intervento di Benedetto Vigna. “È un onore tornare in questo giorno speciale nella mia Università, a cui devo molto – ha detto l’Amministratore Delegato della Ferrari nella sua prolusione - Ringrazio Pisa di avermi trasmesso tre grandi insegnamenti: il metodo scientifico, la gestione della complessità e della complicazione, lo spirito innovativo. Concetti che ho sempre messo in pratica nella mia vita professionale, ad esempio nel piano per la sostenibilità che stiamo realizzando in Ferrari. Dobbiamo tenere ben presenti questi insegnamenti per liberarci dalla servitù volontaria verso un uso sbagliato della tecnologia, che non può e non deve sostituirsi alla mente umana. È il nostro pensiero critico a guidarci verso il progresso, attraverso un processo di apprendimento continuo che deve far tesoro anche dei nostri fallimenti. Questo è il mio messaggio alle nuove generazioni”.

 

Redazione Web

UNIPI entra nella rete europea ELIXIR

2 mesi ago

Su iniziativa congiunta dei Dipartimenti di Biologia e Informatica, l’Università di Pisa è entrata in ELIXIR, un network di ricerca europea il cui obiettivo primario è sostenere la ricerca nel campo delle "scienze della vita". Responsabili scientifici di ELIXIR per l’Università di Pisa sono i professori Corrado Priami e Ugo Borello che è anche referente di Ateneo. Il responsabile per il Data Center è il dottor Maurizio Davini.

ELIXIR è organizzato come una rete costituita da più nodi, uno per ciascuno stato europeo. Il Nodo Italiano di ELIXIR è coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e comprende attualmente 29 partner tra istituti di ricerca, università e istituzioni tecnologiche. ELIXIR-IT mira a riunire tutti i ricercatori italiani che lavorano nel campo della bioinformatica, favorendo lo scambio e lo sviluppo di competenze e l’integrazione di risorse. Altro obiettivo primario di ELIXIR-IT è quello di organizzare attività di formazione, sia a livello base che avanzato, che coprano vari campi di applicazione della bioinformatica.

 

 

Redazione Web

PhD+: CALM si aggiudica il premio Start for Future di UniPi

2 mesi ago

Al termine di un’edizione fuori dal comune per la qualità dei progetti presentati, è CALM, un rivoluzionario dispositivo biomimetico che promette di migliorare le prospettive di sopravvivenza nei malati di carcinoma polmonare, ad aggiudicarsi il premio Start for Future al Final Pitch PhD+ 2024. L’evento che tradizionalmente chiude il PhD+, il corso base del Contamination Lab (CLab) dell’Università di Pisa, che promuove la creatività, l’innovazione e lo spirito imprenditoriale tra studenti di laurea magistrale, dottorandi, dottori di ricerca e docenti.

Sviluppato da Nicole Guazzelli, Giulia Paties-Montagner e Francesco Fontana, il dispositivo CALM, utilizzando membrane sferiche trasparenti e materiali low-cost, offre un trattamento ottimale e migliora la comprensione del carcinoma polmonare. Una soluzione rivoluzionaria che potrebbe cambiare la vita di milioni di persone nel mondo. Grazie al contributo previsto per il premio Start for Future, i tre ricercatori avranno la possibilità di prendere parte allo Start For Future Summit che si terrà ad Atene il 16 e il 17 maggio 2024.

 

I vincitori del Final Pitch PhD+ 2024 col progetto CALM: (da sin.) Francesco Fontana, Giulia Paties-Montagner, Nicole Guazzelli. Con loro, Stefano Santalena, Managing Director di HALLITE ITALIA SRL e Consigliere del Presidente Confindustria LI MS

 

Al secondo posto, parimerito, si sono classificati i progetti Beth - una piattaforma web con relativa App, creata per gestire e monitorare i pazienti diabetici - e PeroNoMore, che si prefigge di sviluppare un biomarcatore specifico per la peronospora, in grado di segnalare la presenza del patogeno, così da permettere all’agricoltore di agire miratamente e salvare le proprie piante di vite. 

A loro è andato il Premio CNA Pisa, che dà la possibilità di partecipare ad un evento di Networking (eat to meet) dei giovani imprenditori e di avere una consulenza gratuita per la costituzione di impresa presso lo sportello Crea Impresa. Mentre il Polo Navacchio S.p.A. ha messo a disposizione dei due secondi classificati a parimerito, 3 ore di consulenza per l’avvio di impresa.

 

Da sinistra: Stefano Santalena,  Consigliere del Presidente Confindustria LI MS; Barbara Carli,  direttrice operativa CNA Pisa;  i ricercatori del progetto Beth Pasquale Ferrante e Iskandar Huseynzade; Andrea Di Benedetto, Presidente Polo Navacchio S.p.A, e Andrea Arienti,  Presidente della Sezione Terziario Innovativo di Confindustria LI MS

 

Sedici, complessivamente, i team di progetto che hanno preso parte alla prima fase di projects exposition dell’evento finale del PhD+, in cui ogni partecipante ha potuto illustrare il proprio lavoro ad una giuria di esperti, utilizzando come supporto un poster. Giuria che ha poi selezionato i 6 migliori progetti da far accedere alla finale, una sessione di Elevator Pitch, durante la quale le squadre hanno esposto il proprio progetto in cinque minuti e risposto alle domande degli esperti che hanno poi decretato il vincitore.

Oltre al vincitore del PhD+, l’edizione 2024 ha visto anche la premiazione del miglior progetto della projects exposition, valutato dalla giuria popolare composta da tutti i componenti dei sedici gruppi in gara. Il premio è andato a Team Ergo, progetto per lo sviluppo di un sistema di ispezione subacqueo basato su tecnologia robotica autonoma, da utilizzare in contesti di ispezione e monitoraggio di strutture sommerse. Si tratta di una soluzione a basso impatto ambientale e con ridotti costi operativi che permette di limitare i rischi legati all’impiego di operatori umani, migliorando anche la qualità dei dati raccolti.

 

Da sinistra: Barbara Carli,  direttrice operativa CNA PisaStefano Santalena,  Consigliere del Presidente Confindustria LI MS; Niccolò Pietrantoni e Noemi Loffredi del progetto PeroNoMore; Andrea Arienti,  Presidente della Sezione Terziario Innovativo di Confindustria LI MS

 

“La giornata finale del PhD+ in verità è solo una fase intermedia di un percorso che UNIPI sta sperimentando in quest’anno accademico - ha commentato Alessio Cavicchi, Chief del CLab e delegato del rettore per la promozione della cultura imprenditoriale e dell’innovazione dell’Università di Pisa - Un viaggio iniziato con il corso di Ateneo su ‘Startup e Multidisciplinarietà: una roadmap’ guidato dal Prorettore Priami e aperto agli studenti di tutti i dipartimenti”.

“Dopo il PhD+ - prosegue Cavicchi - nel mese di marzo saranno proposti dei ‘Deep Dives’, ovvero degli approfondimenti tematici in alcuni settori: Medtech, Agrifood, Big Data, Deep Tech, Pet Economy. In ognuno di questi settori avremo la presenza di esperti e giovani imprenditori che illustreranno le dinamiche di innovazione attuali, racconteranno le loro esperienze e faranno da coach per gli aspiranti startupper”.

Da Sinistra: Alessio Cavicchi,  Chief del CLab e delegato del rettore per la promozione della cultura imprenditoriale e dell’innovazione di UniPi; Chiara Galletti, delegata per le relazioni industriali di UniPi; Luigi Pittalis della Brogi&Pittalis Srl;  Alessandro Gentili, Simone Tani  e Francesco Ruscio del progetto Team Ergo, vincitore del premio della giuria come miglior progetto della projects exposition

 

“Successivamente – aggiunge ancora il Chief del CLab - nel periodo estivo i gruppi generati in questi momenti di apprendimento, avranno la possibilità di essere accompagnati nello sviluppo delle proprie imprese”.

“Siamo particolarmente felici di questo percorso – conclude - perché è stato realizzato grazie a un dialogo serrato con la Scuola Superiore Sant’Anna, la Scuola Normale, l’IMT di Lucca, il Polo Tecnologico di Navacchio, CNA e le associazioni di industriali della Toscana, che hanno contribuito alla realizzazione degli approfondimenti tematici e di varie attività. Inoltre, grazie alla partecipazione alle alleanze internazionali Circle.U e Start For Future, molti studenti stanno sperimentando ulteriori momenti di apprendimento online e di mobilità internazionale in connessione diretta con i principali ecosistemi di innovazione europei”.

 

I partecipanti al Final Pitch PhD+ 2024 e lo staff del CLab dell'Università di Pisa nel cortile del Palazzo della Sapienza

 

La giuria di esperti del Final Pitch PhD+ 2024 era composta da: Andrea Arienti, CEO e Founder di 3DNextech srl e Presidente della Sezione Terziario Innovativo di Confindustria LI MS; Andrea Di Benedetto, Presidente Polo Navacchio S.p.A.; Francesco Oppedisano, Presidente CNA Pisa; Stefano Santalena, Managing Director di HALLITE ITALIA SRL e Consigliere del Presidente Confindustria LI MS; Sonia Massari, Ricercatrice del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa.

Redazione Web

È morto all'età di 92 anni il regista Paolo Taviani

2 mesi ago

Dopo una breve malattia, è morto a 92 anni il regista Paolo Taviani. Con il fratello Vittorio, scomparso nel 2018, ha formato una delle coppie più influenti del cinema italiano. Nati a San Miniato, i due fratelli hanno trascorso gli anni della gioventù nella Pisa dell'immediato dopoguerra, frequentando per alcuni periodi la facoltà di Lettere dell'Ateneo pisano. Il contatto con gli ambienti culturali e universitari della città ha stimolato la loro passione per il cinema, spingendoli ad approfondire la conoscenza sia della sua storia che della tecnica, fino a farne attivi animatori del cineclub pisano. Dal Palazzo della Sapienza dell'Ateneo, con la regia del documentario su "Curtatone e Montanara", è partita la loro prestigiosa carriera.

Proprio per sottolineare questo legame, l’11 marzo del 2008 l'Università di Pisa ha conferito a Paolo e Vittorio Taviani la laurea specialistica honoris causa in "Cinema, teatro e produzione multimediale". "Questa è stata la nostra Università – hanno ricordato i due fratelli in quell'occasione – anni di formazione, forti. Anche se pochi sono gli esami che abbiamo dato. È stata la nostra Università perché qui sono nate le prime sollecitazioni al nostro lavoro nel cinema…". La cerimonia fu introdotta dai saluti del rettore Marco Pasquali, la motivazione del conferimento fu letta dal professor Alfonso Maurizio Iacono, mentre il professor Lorenzo Cuccu tenne la Laudatio.


Da sinistra: Paolo Taviani, il rettore Marco Pasquali e Vittorio Taviani.

Qui di seguito pubblichiamo per interno il testo della Lectio magistralis che i due fratelli tennero alla cerimonia di conferimento della laurea honoris causa.


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Questa è stata la nostra Università. Anni di formazione, forti. Anche se pochi sono gli esami che abbiamo dato. È stata la nostra Università perché qui sono nate le prime sollecitazioni al nostro lavoro nel cinema. E di questo oggi vogliamo parlarvi. Ma prima dobbiamo confessare una certa inquietudine, senso di colpa misto a orgoglio, nell’accettare una laurea che non avremmo mai immaginato. Invece siamo qui. Coincidenze? Chissà. Tutto può accadere nella vita e nei romanzi – diceva Dickens – anzi le coincidenze, forse, sono la legge della vita.


Paolo e Vittorio Taviani.

Questa Università ci ha ispirato Curtatone e Montanara, uno dei nostri primi documentari andato perduto, uno dei pochi da noi amato. Una mattina di sole, con la nostra piccola troupe, occupammo il cortile della Sapienza per piazzare i binari di un lungo carrello. “Mancini” - si chiamava il mitico carrello di legno usato dal cinema di allora. Anche i binari erano di legno – l’agile steady cam non era stata ancora inventata – e il lavoro dei macchinisti era complesso e fragoroso. Quel fragore era musica di Mozart per le nostre orecchie. Ci passavano accanto studenti e professori. Alcuni di loro, in passato, avevano incoraggiato la nostra scelta, così irregolare, di fare cinema. Altri no, avevano scosso la testa. E il tono della nostra voce sfiorava la provocazione quando gridammo: “azione!”. Il carrello corse a ritroso, abbandonò le logge della Sapienza per avventurarsi verso le strade di Pisa, le piazze, i lungarni. Iniziava così il viaggio degli studenti quarantotteschi verso il nord. Attraversava le campagne toscane e lombarde, si soffermava sulle sponde del Po, e finalmente si arrestava sui prati e le valli di Curtatone e Montanara, teatro della battaglia contro gli austriaci. Noi due inventammo una lunga soggettiva: “la macchina da presa – ci dicevamo con la giovanile ebbrezza delle prime intuizioni – diverrà l’occhio degli studenti rivoluzionari alla scoperta del mondo della libertà, alla scoperta di se stessi e le loro voci, in colonna sonora, leggeranno le lettere inviate a casa, i commenti, i pensieri più segreti dettati dal viaggio. Quel lungo carrello aumentò la sua forza espressiva quando in moviola aggiungemmo la musica. Raggiunse l’acme col dilagare del coro “Guerra, guerra!” dalla Norma di Bellini. Tornavamo a casa eccitati dalla scoperta – ovvia forse, ma non per noi alle prime armi – delle possibilità inesplorate nel rapporto immagine – suono.


Paolo e Vittorio Taviani con al centro il professor Alfonso Maurizio Iacono.

Ci confidavamo di provare – come dire – la sensazione di un aumento della nostra energia inventiva. Provammo la stessa emozione quando, anni dopo, in San Michele aveva un gallo, usammo ancora il “Guerra, guerra!”. Ancora su un interminabile carrello irrealistico che si allontana da Giulio, il protagonista, invade e dilata la cella in cui è prigioniero e la trasforma in un teatro d’opera immaginario. Fin dagli inizi presentivamo l’importanza che la musica avrebbe avuto per noi nel fare cinema. Musica intesa non come commento umilmente parallelo alle immagini, ma come struttura stessa del film. Per noi, l’abbiamo detto altre volte, il cinema è l’erede – a vent’anni dicevamo la summa! – di tutte le forme d’arte che l’hanno preceduto. E quella più vicina a noi è la musica. Perdonate il tono un po’ agiografico: i ricordi fanno questi scherzi.

Il documentario, che per noi fu importante, sicuramente presentava i limiti di due registi che avevano troppo da dire e poco tempo a disposizione (per legge un documentario non poteva durare più di dieci minuti). Ecco, oggi possiamo finalmente rivelare un piccolo segreto: quelle lettere scritte dagli studenti, non esistono in nessun archivio storico, le abbiamo inventate. Tutte. Erano lettere che avremmo scritto noi due alle fidanzate, agli amici, ai maestri più amati. Nessuno osò metterne in dubbio l’autenticità, nemmeno alcuni storici, stupiti di fronte a quel materiale inedito e forse vergognosi della loro innocente ignoranza. Noi pensavamo e pensiamo che quelle lettere riportassero in vita gli studenti pisani, rendessero attuali i loro pensieri, ci dessero la possibilità di far diventare contemporaneo quell’avvenimento del 48.


Il professor Lorenzo Cuccu.

Un falso, si. Ma già da qui potrebbe nascere un’indicazione del nostro modo di lavorare, una risposta alle domande di tanti giovani che vogliono sapere di noi, fare e scrivere cinema. Non pochi nostri film sono ambientati in epoche passate, alcune volte la scelta è dovuta al caso, altre alla ricerca di un’età storica affine al presente. Usiamo storie di ieri per interrogarci su quelle di oggi: la ricerca della verità non significa farsi condizionare dall’attualità, dalla cronaca riduttiva a cui ci costringe la televisione. La necessaria ricerca storica che precede la scrittura del film, ci ha dato e ci dà l’eccitante possibilità di leggere e studiare documenti e testimonianze dell’epoca in cui agiscono i personaggi del film, di sprofondare nel passato.
Poi dimentichiamo. Vogliamo dimenticare tutto durante la sceneggiatura e la lavorazione. Di più: la verità storica viene spesso tradita in nome di un’altra verità. Quella del film, quel microcosmo rappresentato dal nostro racconto. “Non mostrerò questo film ai miei studenti, voi non aiutate a capire la storia del nostro paese” – così ci rimproverò una volta un insegnante, e non è stato l’unico, durante un dibattito dopo la proiezione, ci sembra, di Allonsanfan – che bisogno c’era d’inventarvi la storia? Voi, così, create una gran confusione”. La sua protesta era sincera e accorata. Non ce la sentimmo di aggredirlo - la voglia era tanta – e chiedemmo aiuto a quegli autori che probabilmente lui insegnava a scuola, i grandi maestri che ci hanno indicato la strada dei falsi storici. Ricordammo, come esempio, le rappresentazioni, le più diverse, del personaggio storico di Giovanna D’Arco : strega per Shakespeare in Enrico VI, ribelle e popolare in Brecht, orgogliosa in Bresson, fino alla Giovanna tutta occhi, impaurita e vincente in Dreyer. Qual’era la vera Giovanna? Tutte e nessuna. Ogni autore le ha affidato i propri sentimenti, l’ha usata per rappresentare il suo tempo.

Anche i personaggi storici dei nostri film assumono spesso le fisionomie di uomini e donne della nostra vita. Di ognuno di loro costruiamo le biografie, dalla nascita al presente, oroscopi compresi. Non immaginate che sensazione di libertà fare indossare il costume agli amici, ai nemici, che tornano a vivere alcuni frammenti della loro vita e a viverne un’altra, quella che diamo a loro. Quel breve documentario – ce ne rendiamo conto oggi – era un’inconsapevole anticipazione delle successive opere della maturità, a cui lo unisce l’impazienza di futuro,dei protagonisti, il disagio di vivere in un presente meschino, anacronistico, il desiderio di felicità in un mondo diverso. La commissione dei premi di qualità bocciò il lavoro. Motivazione: troppo astratto. Concreta fu la nostra delusione…e una certa vergogna di noi stessi: che abbiano ragione? Eravamo convinti d’aver espresso qualcosa di diverso, di bello forse. Nel nostro donchisciottismo non avevamo dubbi che avrebbe trovato un’eco in chi lo vedeva. Chi poteva immaginare, allora, quanti avversari “naturali” avremmo incontrato sulla nostra strada, allergici allo stupore per ogni lampo di novità.

Abbiamo detto che le nostre riflessioni, oggi, avranno tutte il loro avvio qua, dentro queste mura della Sapienza. Manteniamo l’impegno e così ci troviamo sul portone centrale, alle una di una domenica di più di cinquanta anni fa. Avevamo visto Germania anno zero di Rossellini nell’aspra copia in tedesco. Una proiezione abbastanza anomala dell’Università Popolare, qui per quel giorno ospite. Con un certo disagio ci decidemmo a prendere la strada di casa. Ma c’era qualcosa che ci feriva la vista. Attraversammo la città deserta, tagliata da luci e ombre come in una tela di De Chirico. Amavamo l’enigma delle sue piazze toscane, ma oggi la luce rifiutava ogni mediazione culturale, perché era una luce cattiva, senza pietà. Era la luce di certe sequenze del film che avevamo visto, il suo bianco segno rivelatore. Nel film di Rossellini la luce non accettava mediazioni perché il nostro mondo aveva conosciuto l’abisso, il non umano e ora noi dovevamo fissarlo, rifiutando ogni zona d’ombra, perché mai più fosse dimenticato. D’altra parte già nel precedente Roma, città aperta, nella sequenza della morte della Magnani, insieme al suo grido e al suo braccio proteso, il bianco accecante della tonaca da chierichetto del figlio che dentro quel bianco scalcia e urla, rimane il segno più forte della sequenza, uno sgomento che ad ogni visione si rinnova.



Tornando alla lontana domenica di Germania anno zero anche quella mattina nostra madre ci aspettava. Con lei avevamo uso di parlare di quanto avevamo visto o letto. Ma quella volta le dicemmo…scusaci…con le parole non riusciamo a dirti…a farti capire…a farti vedere. C’era in noi quel tanto di esaltazione morbosa che accompagna la convinzione di una nuova scoperta; e noi due ora sapevamo che nel linguaggio del cinema uno dei primi segni è la luce.

Dopo più di trenta anni, nella nostra maturità di registi, sentimmo che era venuto il momento di far riemergere il passato di sangue e in particolare quell’estate del 44 sui colli della nostra San Miniato, che vide la strage del Duomo e il nostro esodo verso i liberatori. Ci rendemmo subito conto come il tempo e la coscienza popolare avevano elaborato i molti lutti e il senso di una vittoria sempre da difendere. Il racconto orale aveva trasformato quel passato in una specie di chanson de geste o di una fiaba. Gli occhi di una bambina sono spesso gli occhi del film. Il tempo della pietà era tornato, e la luce non poteva essere quella cattiva del film di Rossellini. Nel nostro film la luce cerca una mediazione tra il paesaggio, gli eventi e la natura umana, una riconciliazione nel segno di una pacata luminosità. Pur su scene di quotidianità feroce, la luce tende a quella limpidezza che è anche promessa di futuro, e si permette perfino un’ ambiguità scherzosa: “Piove e c’è il sole”, dice la giovane donna con il suo bambino in braccio. È stata appena liberata e ora guarda stupita e divertita quella strana luce tra sole e pioggia che brilla sulla sua gente in festa.

Se la luce di un film è il primo segno visibile del suo senso, il senso della Notte di San Lorenzo era rivolto in modo particolare ai giovani di quegli anni ottanta, che nella palude di una società dai fremiti oscuri, consumavano la loro vita “vivendo e vivendo a metà” come dice Eliot. Avevano bisogno, avevamo tutti bisogno di far riemergere la figura dell’uomo in tutte le sue possibilità. Per questo abbiamo sempre sentito il nostro film non come un film storico o di memoria – tantomeno di nostalgia – ma come il più contemporaneo che in quegli anni potessimo tentare di fare.

“La luce è il cinema. Stop.” Fellini è categorico. A noi è capitato di parlarne una volta con Michelangelo Antonioni, coinvolto con noi in uno strano caso. Tanto lui che noi avevamo trovato ispirazione nelle isole Eolie, uno dei paesaggi più assoluti del mondo. Un paesaggio soprattutto come protagonista dei nostri due film: stesse immagini, stessi scogli, stessa profondità del mare, stesso orizzonte. Eppure la luce così diversa nei due film fa di loro due pianeti diversi, due opposti luoghi dell’anima. Non è questione di bianco e nero (L’avventura) o di colore (Kaos).La luce grigia nell’indimenticabile film di Antonioni incupisce le cose e le persone. Le linee fantasiose degli scogli si trasformano in oscure masse acuminate, il mare in nemico di cui diffidare. Il giorno sembra ridotto a essere la vigilia della notte, quando nell’ora più ambigua lo sgomento diventa certezza della propria estraneità a se stessi e al mondo. In Kaos le stesse immagini, gli stessi spazi: ma il cielo si è spalancato e la luce rende più azzurro l’azzurro del mare, più bianco il bianco delle pomici. È questa esplosione di luce che spinge i piccoli fuggiaschi, che sulla barca vanno verso l’esilio, a scendere sulla spiaggia e dalla cima dell’altura volare giù dentro il mare. Un viaggio di lutto che inaspettatamente si trasforma in un momento di felicità: solo per pochi istanti, forse, ma quanto basta a quei bambini a riprendere con più forza il loro viaggio.

In questo ultimo anno abbiamo amato in particolare un film di Clint Eastwood Lettere da Iwo Jima. Anche questo è un film che si fissa nella memoria e rivela il suo senso nel rapporto con la luce. Ma questa volta come sottrazione della luce, quasi fino alla sua negazione. È in un mondo di tenebre infatti che sono condannati a vivere i soldati giapponesi - molti sono giovani – che difendono il colle di Iwo Jima contro l’avanzata sanguinosa e vincente degli americani.
Sono penetrati nelle viscere del terreno, dove hanno costruito grotte, trincee, cunicoli. Hanno ricevuto un unico ordine: combattere comunque, finchè l’ultimo di loro avrà trovato in quelle tenebre la sua tomba. Ci viene in mente un detto che la saggezza popolare ha fissato nel linguaggio. Suona così: la luce è speranza, togli la luce, togli la speranza. Senza speranza, nell’oscurità i giovani giapponesi si ostinano a scrivere le loro lettere d’amore e di addio, sapendo che non avranno mai risposta. È un film nel segno del lutto, che Eastwood e il suo sceneggiatore affidano alla nostra pietà.

Facciamo un passo indietro.
Questa è stata la nostra Università perché qui, ancora ragazzi, scoprimmo la “Storia del cinema” di Pasinetti. Scoprimmo che il cinema aveva una sua storia come la letteratura, la pittura, le altre arti studiate al liceo. In quegli anni – pensate – ci davano ancora temi come “il cinema può essere arte?”. Fa sorridere la nostra ignoranza della letteratura cinematografica passata, ma erano gli anni del dopoguerra e le nuove riviste specializzate vennero dopo. Hollywood” era l’unico rotocalco che si occupava di cinema, di attori, di gossip. Pubblicava anche recensioni dei lettori e uno di noi era tra quelli. Il volume di Pasinetti divenne il nostro vangelo cinematografico: occhi avidi scorrevano le righe che ci parlavano di Eisenstein, Ford, Renoir. La mattina entravamo in questa Università insieme agli studenti veri. Nel silenzio della biblioteca studiavamo con serietà, una serietà lieta, sentimento sconosciuto nell’indolenza dei banchi di scuola. La ricerca di sé, così viva e spesso angosciosa in un ragazzo, aveva trovato una sua strada. Trascrivemmo tutto il libro o quasi…forse in qualche nostra cantina esiste ancora il manoscritto.

La nostra fratellanza si saldò. Iniziava il viaggio insieme. Due nature diverse. Un unico sogno. Un dono del caso, misterioso a noi stessi, ribelle ad ogni tentativo di razionale spiegazione. Col desiderio struggente di entrare in confidenza con la famiglia del cinema, ci iscrivemmo al cineclub pisano fondato da un pioniere, Mario Benvenuti e animato spesso dagli interventi appassionati di Valentino Orsini che diverrà il nostro grande amico e collaboratore, autore in cinema. Contavamo i giorni che mancavano alle proiezioni, come si aspetta l’appuntamento con una innamorata. Si, ci siamo innamorati di tutti i film che vedevamo e dei registi che già consideravamo padri, fratelli. Ci davano la consapevolezza di vivere rispecchiandoci in loro. Verrà più tardi il desiderio di misurare se stessi su quei maestri. Diciamo la verità, non tutti i film erano così belli, così assoluti, ma quando si scopre un mondo non ci sono vie di mezzo. Il nostro entusiasmo alcune volte ci mise in imbarazzo: proiettarono al cineclub Gli ammutinati dell’Elsinore di Pierre Chenal. Non era un gran film, ma noi riuscimmo a scovare alcune inquadrature da amare. In quei giorni al cinema Astra veniva programmato Gli ammutinati del Bounty con Clark Gable e Charles Laugthon. Un film di grande impatto spettacolare che travolse il pubblico e anche noi. Ma nel paragone tra i due film, durante furiose discussioni, noi difendevamo con accanimento Chenal contro il Bounty. Mentivamo a noi stessi senza rendercene conto. Oggi, quando amici della nostra generazione ci chiedono:”come fate a sopportare certi giovani critici e registi, l’arroganza che mettono nel mandare all’inferno o in paradiso questo o quel film?” Rispondiamo: “sarebbero insopportabili se noi, alla loro età, non fossimo stati peggio di loro!”.

La conoscenza del cinema ci fece traditori. Traditori di ogni forma d’arte che non fosse cinema. Ci proiettava oltre la cultura umanistica, pur grande e amata, ma degradata secondo noi a scolastico, logorato patrimonio borghese. Si aprivano nuovi orizzonti. Perfino l’aspetto tecnico legato all’arte cinematografica, ai suoi strumenti: macchina da presa, pellicola, obiettivi, luci, rappresentava una novità rivoluzionaria. Anche oggi le nuove generazioni sono attratte dalle più avanzate tecnologie. Si infiammano, esagerano anche. Ma la fantasia, se c’è, avrà la forza di dominarle.




Vivevamo di cinema e basta. Pisa e la sua solare architettura - così presente nello stile dei nostri film, come hanno sottolineato alcuni critici – in quei giorni si confondeva con un’idea irriverente della città: le piazze, le strade erano legate per noi all’ubicazione delle sale cinematografiche. I Lungarni al Supercinema, piazza San Paolo all’Odeon, corso Vittorio al cinema Italia, piazza Carrara al cinema-teatro Rossi, qui, a pochi passi dall’Università. Proprio al Rossi vedemmo Ladri di biciclette. Pioveva quel pomeriggio. Avevamo il viso bagnato di pioggia, ma anche di lacrime. “Lacrime estetiche!” ci scherzavano i nostri amici, commossi come noi.

Di De Sica ci affascinava la novità di linguaggio tra documento e finzione, la cruda tenerezza con cui ci parlava della tragedia del ladro di biciclette, mediata a sprazzi dall’innocente comicità del bambino e dal formicolio dei personaggi: un’umanità prima d’allora mai apparsa sullo schermo, un coro che cammina accanto ai due protagonisti, commenta, ironizza, piange con loro. Forme nuove per rappresentare la tragedia, non sulle tavole del palcoscenico, ma su quelle della realtà quotidiana, suggerendo, a suo modo e senza enfasi, l’urgenza di un rinnovamento sociale.

A Orson Welles, genio shakespeariano dalla violenta espressività cinematografica, così lontano dall’autore italiano, fu chiesto: “il regista europeo che più ami?”. “De Sica” rispose senza esitazioni. Gli farà eco anni dopo Woody Allen : "il film della mia vita? Ladri di biciclette".

Vedemmo e rivedemmo il film. Lo andavamo a cercare, in bicicletta, nelle sale dei paesini nei dintorni di Pisa. Volevamo appropriarci della sua verità nascosta. In quegli anni non esistevano i dvd. Decidemmo di riscrivere a memoria i dialoghi e i movimenti di macchina: era l’unico modo per far parte del lavoro di De Sica e di Zavattini, condividere le loro intuizioni. Quando confrontammo la nostra ricerca con una nuova visione del film, restammo spiazzati dalla poetica semplicità delle soluzioni, in contrasto con la nostra esagerazione, nel tentativo di riprodurre una sequenza di particolare suggestione emotiva. Ricordiamone una. Bruno, il figlio, ma più che figlio, l’amico dolce e brontolone del padre alla ricerca della bicicletta, è esausto. La giornata è stata lunga e senza risultato. Il padre si è allontanato. Gli occhi del bambino improvvisamente sono attratti da qualcosa che sta accadendo, qualcosa di insopportabile. Cosa vedono? Un ladro che sta rubando una bicicletta, i passanti lo inseguono, lo afferrano, lo picchiano. Quel ladro è suo padre. Un lungo, lunghissimo carrello corre intorno al P.P. di Bruno, la macchina da presa esalta così lo stupore straziato del bambino…Abbiamo detto un lungo carrello. Questo annotammo. No, il carrello è breve, brevissimo: la nostra commozione, nel ricordo, aveva dilatato il tempo dell’inquadratura. Fu una lezione di regia: studiammo con più cura la sequenza, la scansione delle inquadrature, le rime interne, l’inseguirsi delle emozioni, il loro montaggio, fino all’esplosione di quel carrello, di quel P.P., con cui De Sica ha raggiunto il cuore degli spettatori di tutto il mondo, senza ricorrere a virtuosismi della macchina da presa. Con un carrello, si, ma di pochi metri.

Molti giovani apprendisti di cinema ci chiedono: voglio fare il regista, da dove comincio? Aiutatemi, datemi un consiglio. Èimpossibile fornire ricette e non siamo adatti a fare i maestri. Voi – ed è una conquista, impensabile nei nostri anni giovanili – i maestri li avete qui, nell’Università e amano il cinema come voi l’amate. Ma, ripensando alla nostra esperienza, un suggerimento lo possiamo offrire, uno fra tanti. Un possibile inizio. Questo: scegliete tre o quattro film che più amate. Vedeteli e rivedeteli. E rivedeteli ancora: come ladri che spiano i movimenti di una banca da derubare. A poco a poco, ad ogni nuova visione scoprirete alcuni segreti del vostro amato regista. Non esitate ad abbandonarvi all’ammirazione: è un sentimento umile e forte, vi aiuterà a capire. Poi ricominciate tutto da capo, disfacendo e rifacendo il già fatto. Cercate in voi stessi. Noi chiediamo di essere stupiti dal nuovo che la vostra età vi porta in dote. Affronterete una lunga fatica, appassionata quanto aspra. Vi accorgerete che per realizzare un documentario, un film, non basta essere poeti, dovrete trasformarvi in uomini d’affari, cercare i finanziamenti, usare furbizia e menzogne, incontrare umiliazioni e guai. Affrontateli senza vergogna. Amerete questo mestiere, questo gioco, perché fare spettacolo è anche gioco. Ci dà la possibilità di continuare i giochi dell’infanzia, ricchi di mistero e fantasia. Noi due lo amiamo questo mestiere, oggi, dopo tanti anni, forse più che ieri. Fa soffrire, certo, ma ne vale la pena, per vivere quegli attimi di felicità in cui si vede nascere, dalle proprie mani, una sequenza più coinvolgente, per audacia e verità, di come era stata immaginata. E siate pronti: non vi fate sorprendere dal puntuale, inesorabile sentimento di relatività che ogni regista avverte di fronte al film finito. Ricordate il proverbio: non si viaggia per arrivare, ma per viaggiare.

E per l’ultima volta torniamo qui, nella nostra Università. È l’alba di un giorno del 1953, in una delle aule che danno sul cortile. L’aula, trasformata in seggio elettorale, è gremita di gente eccitata ed esausta. Giovani staffette popolari corrono attraverso la città a portare nei vari seggi la notizia ancora non ufficiale: la legge elettorale voluta dal potere non è passata. Il tentativo autoritario di relegare la sinistra in un angolo è stato sconfitto. Una vittoria relativa certo, ma pur sempre una vittoria. Anche qui, in questo seggio, euforia. Uno di noi due è tra questa piccola folla, come rappresentante di lista del Partito Comunista. E ora, dopo tre giorni corre finalmente fuori per portare la notizia. Bagnato da una pioggia fitta che lo rinfresca fin dentro le ossa, attraversa le vie deserte, ma che al suo orecchio risuonano delle voci di una comunità che veglia per salutare il nuovo giorno, come una conquista di libertà. Lui si sente parte di quel coro, di quella comunità, ed è felice. Ugualmente bagnato e felice gli va incontro suo fratello, che ha appena terminato lo stesso lavoro al suo seggio.

Ecco: abbiamo rievocato quell’alba del 1953, con l’impeto un po’ ingenuo di certi momenti collettivi, perché così possiamo tornare a parlare di cinema, del nostro cinema, e del rapporto così spesso equivocato tra cinema e politica.

Noi, al di là delle teorie, vogliamo qui rendere testimonianza della nostra esperienza personale, che è già anomala alla sua partenza: è stato il cinema – e non viceversa – a portare noi due, di famiglia mazziniana ma pur sempre borghese, ad aprire lo sguardo sull’universo rosso e sul suo popolo. Sfidiamo il paradosso precisando che più che dai singoli film la spinta ci è venuta dalla forza misteriosa del loro linguaggio. D’altra parte, negli anni del nostro dopoguerra guerreggiato, era tutto un po’ paradossale. In quel clima succede che un giorno noi due, giovani come tanti altri, aperti ad ogni possibilità di nuovo, ci troviamo di fronte a una immagine come questa: su una grande distesa bianca di neve, sei cavalli dalle grandi criniere, ripresi ora in P.P., ora in un carrello sempre più veloce – è la sequenza di un vecchio film muto – trasportano una barella su cui, circondato dai suoi compagni, sta morendo un combattente della rivoluzione: ha chiesto di essere sepolto nella sua terra che non rivede da anni. Il tempo è poco e i compagni incitano i cavalli: bisogna arrivare in tempo, muore un nostro eroe della rivoluzione. Correte, correte. Immagini di impronta realistica. Ma improvvisamente lo scarto: i cavalli rispondono. “Vi capiamo”. C’è nobiltà e consapevolezza, mentre la didascalia ripete: “Vi capiamo, nostri padroni e fratelli”. La loro corsa si fa ancora più violenta: “Voliamo con tutte le forze della nostre ventiquattro gambe”. Corrono perché la rivoluzione li chiama a onorare in morte un loro fratello. La sequenza si fa fantastica, folle, in nome di una commozione che unisce uomini e animali.

Un altro film, un’altra immagine: questa volta è un piccolo cavallo bianco, attaccato a una carretta che sta cercando disperatamente di attraversare il ponte apribile nel centro di Pietroburgo: una Pietroburgo squassata dalle ondate di rivolta e dalla brutalità della repressione. Non si può più passare, perché il ponte si è aperto e le due parti stanno salendo sempre più in alto. La carretta, staccatasi dal cavallo, scivola giù in acqua. Dall’alto scivolano giù uomini e cose. Solo il cavallo bianco, chissà come attaccato a una trave, rimane lassù, sulla parete a picco. Nelle strade intorno al ponte si ripetono inquadrature di corpi umani che uccidono, che vengono uccisi. A contrasto, più volte, in campo lungo riappare la tenera figura del cavallo bianco, solo sulla cima della parete deserta. Un’immagine tragica e assurda: anche questa è rivoluzione. Poi il cavallo precipita e scompare nell’acqua del fiume.

Un po’ sbalorditi ci interrogavamo sull’impeto che aveva potuto ispirare tanta forza fantastica nell’animo di giovani uomini che facevano i registi, in un sodalizio dove l’uno si riconosceva nell’altro: erano i figli della terra di Tolstoi e Dostoevskij. Dallo schermo ci arrivava, insieme alla conferma del linguaggio estremo del cinema, la testimonianza della forza dell’utopia che stava correndo nel mondo, l’utopia comunista. Intanto i grandi film del neorealismo rendevano più impaziente il nostro bisogno di fare cinema e insieme sollecitavano la nostra responsabilità di cittadini: ci riconoscemmo nel popolo di sinistra.



Non ci siamo mai nascosti però che questo empito giovanile poteva portare a una esaltazione acritica delle nostre scelte artistiche e politiche. Il cinema ci è venuto ancora incontro con Rossellini, proponendoci il limite, l’ambiguità della condizione umana. Molti di noi ricordano il finale di Paisà: da una parte i corpi dei partigiani con le mani legate dietro la schiena e la macchina da presa che sta accanto a loro mentre vengono gettati in acqua, e ogni tonfo è una ferita acustica; dall’altra il silenzio indifferente del paesaggio selvaggio della palude, che la macchina da presa stenta a riprendere in totale: cielo e terra si confondono all’orizzonte, il presente si dissolve nel passato. L’immensità della natura e l’ambiguità del tempo ridimensionano le vicende umane, anche questa evocata da Rossellini. Abbiamo voluto usare le parole alte che avrebbe potuto pronunciare un nostro maestro, grande e schivo. Abitava a pochi passi da qua in via Santa Maria. Siamo passati davanti alla sua casa, ieri. La casa di Sebastiano Timpanaro. Ci avevano colpito nel profondo il confronto, il contrasto che lui stabiliva tra i ritmi frenetici dell’uomo storico e il ritmo dell’uomo biologico, così lento da apparire inesistente. I due ritmi convivono in noi: qui forse una delle ragioni della fatica e del dolore del vivere.

Qualcuno ha detto che probabilmente anche per questo nei nostri film si scontrano due esigenze opposte ugualmente pressanti: la prima è la complicità con l’uomo, la fiducia e lo stupore per la sua creatività, nel bene e nel male, per l’unicità di ogni destino individuale; e questo significa per noi che la macchina da presa sta addosso ai personaggi, ne fissa il volto, ne ascolta il respiro. L’altra esigenza nasce dalla consapevolezza della sua fragilità, della sua piccolezza nei confronti di una realtà più complessa e per molti versi misteriosa, e questo significa per noi cercare di distaccarci e di ridimensionare visivamente i nostri personaggi, inquadrandoli in campi lunghi e lunghissimi.

Da queste contraddizioni e dalle molte altre che si consumano vivendo – noi crediamo – nascono le nostre storie. Ma nascono solo quando qualcosa di imponderabile, certe volte al di là della nostra volontà accende quel motore segreto che si chiama “lo spirito del racconto” e che lascia che la fantasia si muova in libertà.
Intanto lo scorrere della storia ha continuato a farci conoscere tragedie e resurrezioni; per noi due la tragedia più brutale perché più imprevedibile – vogliamo qui ricordarlo – fu la rivelazione del vero volto del socialismo reale, un volto di sangue. Scoprimmo che in certi momenti della storia l’utopia può assumere i contorni di una beffa. Ci sono voluti tempo e dolore per ricostruire, dentro di noi e fuori di noi, un rapporto forte con il mondo che ricongiungesse il nostro passato con il nostro presente.

Abbiamo finito, ma prima vorremmo dire un’ultima cosa. Tornando a Pisa, qui nell’Università, abbiamo raccolto vecchi e nuovi pensieri: questo ritorno per noi, come sempre, è anche una partenza per nuove avventure, se la fortuna ci aiuterà. Molte avventure abbiamo vissuto perché molti sono i nostri anni – più di 150 in due – e molti, ora qui lo sentiamo con commozione, sono anche i volti, le persone che ci hanno accompagnato nel nostro cammino e che ora non sono più. Volti di famiglia, compagni di vita, amici, collaboratori umili o determinanti….Ombre care, perché anche per loro, per le loro attese, la loro fiducia noi due ogni volta abbiamo lavorato e la loro complicità ci aiutava e ci confortava. Ora siamo più soli, com’è giusto alla nostra età, e proviamo malinconia. Ma quelle ombre – lo vogliamo credere – ci stanno qui intorno ed è come se sentissimo il loro bisbigliare. Alcune parole giungono sino a noi. Dicono: imparate a guardare le cose anche con gli occhi di chi non c’è più. Vi sembreranno più sacre e più belle.

Paolo e Vittorio Taviani

 

Redazione Web

250 borse di studio per studenti rifugiati, aperte le candidature per la nuova edizione dei Corridoi Universitari

2 mesi ago

Si aprono il 1° marzo i nuovi bandi per le borse di studio messe a disposizione da 39 Università italiane che partecipano alla sesta edizione del progetto UNICORE – University Corridors for Refugees per dare la possibilità a 67 rifugiati di proseguire il loro percorso accademico in Italia frequentando un programma di laurea magistrale della durata di due anni. Gli studenti, attualmente rifugiati in Kenya, Mozambico, Niger, Nigeria, Sudafrica, Tanzania, Uganda, Zambia e Zimbabwe, saranno selezionati sulla base del merito e della motivazione, e arriveranno in Italia a settembre 2024.

L’Università di Pisa accoglierà uno di questi studenti, sostenendolo con una borsa di studio di 24 mesi. Inoltre, si farà carico dei costi del biglietto aereo e delle spese di iscrizione al servizio sanitario nazionale. Fondamentale sarà il supporto del partenariato locale, che aiuterà a erogare servizi utili all’ingresso nella vita accademica e all’inserimento nel tessuto sociale cittadino. Fra questi hanno già aderito Diaconia Valdese, CISP, CUAMM e, in corso di definizione, la Caritas. Infine, il CLI, il Centro Linguistico d’Ateneo, si è reso disponibile a offrire un corso di italiano gratuito.

“Partecipare al nuovo Progetto 6.0 è un atto necessario nel percorso intrapreso per continuare ad essere un Ateneo fortemente inclusivo – commenta Giovanni Federico Gronchi, prorettore per la Cooperazione e le relazioni internazionali dell’Università di Pisa - Inoltre, anche l’esperienza ci dice di proseguire su questa strada, considerando il successo del progetto UNICORE 2.0 con cui il nostro Ateneo ha accolto, a partire dall’anno accademico 2020-21, due studenti rifugiati, Mehari e Tesfalem, provenienti dall'Etiopia che hanno concluso brillantemente il loro percorso di laurea. In particolare, Tesfalem si è laureato da pochi giorni in “Computer Science and Networking”.

Il programma University Corridors for Refugees è coordinato da UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, ed è reso possibile grazie alla collaborazione con partner quali il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Caritas Italiana, Diaconia Valdese, il Centro Astalli, Fondazione Finanza Etica e Gandhi Charity.

Secondo le stime UNHCR, in media le persone costrette a fuggire da guerre e persecuzioni rimangono in esilio per circa 20 anni. il 76% dei rifugiati nel mondo vive in paesi a basso e medio reddito dove troppo spesso le opportunità per ricostruire il proprio futuro in dignità sono assenti. Per quanto riguarda l’accesso all’istruzione, infatti, i dati globali rimangono drammatici: solo il 6% dei rifugiati ha accesso all’istruzione terziaria contro il 40% della popolazione non rifugiata.

Il progetto UNICORE, dunque, nasce per rispondere a queste sfide, offrendo ai rifugiati l’opportunità di arrivare in Italia in sicurezza e dignità per proseguire gli studi, e ricostruire il proprio futuro, aspirando ad una professione in linea con le proprie potenzialità e i propri desideri. Mira, inoltre, a contribuire al raggiungimento di un tasso d’iscrizione all’educazione terziaria dei rifugiati del 15% entro il 2030.

In seguito a una prima fase pilota nel 2019, durante la quale sei studenti sono stati accolti da due atenei, il progetto si è espanso fino a coinvolgere oggi 44 Università italiane che in sei anni hanno offerto circa 250 borse di studio a studenti rifugiati.

Oltre alle borse di studio, il progetto fornirà, attraverso un’ampia rete di partner locali, il supporto necessario per affrontare con successo il programma di laurea magistrale della durata di due anni e favorire l’integrazione degli studenti nella vita universitaria.  

Il bando chiuderà il 15 aprile 2024 e tutte le informazioni possono essere consultate sul sito universitycorridors.unhcr.it.

Redazione Web

Scienze della Terra: il progetto di ricerca SPHeritage in vetrina al Museo di Antropologia Preistorica del Principato di Monaco

2 mesi ago

Il giorno 14 febbraio 2024 presso il Museo di Antropologia Preistorica del Principato di Monaco è stata inaugurata, alla presenza del sovrano monegasco Alberto II e della Principessa Carolina, una nuova esposizione dedicata al tradizionale mecenatismo della Famiglia Grimaldi verso le scienze preistoriche. Nel nuovo allestimento del Museo, una vetrina è stata dedicata al Progetto di ricerca SPHeritage  del Dipartimento di Scienze della Terrache dell'Università di Pisa. 

Finanziato nell’ambito del bando FISR_2019, ilì Progetto SPHeritage che studia le conseguenze delle variazioni del livello del mare avvenute negli ultimi quattrocentomila anni sulle popolazioni umane del Paleolitico vissute lungo la costa ligure-provenzale. Le Prof.sse Marta Pappalardo, responsabile nazionale del Progetto del quale il Dipartimento di Scienze della Terra è capofila, ed Elisabetta Starnini, professoressa associata di Preistoria e Protostoria del Dipartimento Civiltà e Forme del Sapere e membro del team di ricerca, hanno illustrato ai Sovrani le attività svolte nell’ambito del Progetto, sottolineando il valore aggiunto della collaborazione italo-monegasca.

Tra i siti di studio nei quali sono state svolte le attività progettuali è inclusa, infatti, anche  la Grotta del Principe di Monaco, una cavità che, pur essendo ubicata nell’Area Archeologica dei Balzi Rossi, in territorio italiano presso il confine italo-francese, è proprietà personale della famiglia reale monegasca. Grazie al mecenatismo del Principe Alberto I, nonno dell’attuale Sovrano, questa grotta fu oggetto di scavi archeologici sin dalla fine del XIX secolo.

 

L’importanza del sito risiede nella presenza di depositi marini e continentali formatisi in diversi cicli climatici che consentono di ricostruire il clima e l’ambiente che hanno caratterizzato l’area durante buona parte del periodo geologico più recente e, contestualmente, nell’abbondanza di testimonianze della presenza umana tra le quali un osso iliaco appartenuto ad una donna preneanderthaliana.

Nei depositi del Museo monegasco sono inoltre conservati, assieme a manufatti provenienti dagli scavi ottocenteschi, preziosi campioni geologici appartenenti a sequenze oramai distrutte, che sono stati resi disponibili ai ricercatori del Progetto SPHeritage per essere analizzati con tecniche all’avanguardia.

Il nuovo allestimento museale pone in continuità le attività scientifiche promosse da Alberto I e quelle svolte dai ricercatori pisani nell’ambito del Progetto SPHeritage, con la collaborazione del personale scientifico del museo monegasco, diretto dalla Dott.ssa Elena Rossoni Notter, e sotto gli auspici di SAS Alberto II di Monaco.

Per approfondimenti sul Progetto di ricerca SPHeritage e sulle numerose attività di disseminazione rivolte al pubblico e agli enti locali si rimanda al sito web (www.spheritage.dst.unipi.it) e agli altri canali social (Instagram e //www.youtube.com/@DSTUniversitadiPisa" target="_blank" rel="noopener">Youtube).

Redazione Web

Spark Pisa: l’asse Università di Pisa-Stanford compie cinque anni

2 mesi ago

Dal 2019 finanzia progetti innovativi sviluppati da gruppi di ricerca dell’Università di Pisa attivi nel settore medico-farmaceutico. È Spark Pisa, il primo nodo italiano della rete internazionale "Spark Global" - fondata dalla Stanford University -, che ha da poco compiuto cinque anni di attività e i cui membri si sono riuniti martedì 27 febbraio a Pisa per un primo bilancio e per definire gli obiettivi del futuro. Incontro a cui hanno preso parte anche la professoressa Daria Mochly Rosen dell’Università di Stanford, presidente della rete globale "Spark" e ideatrice dell’iniziativa, il professor Corrado Priami, Prorettore dell’Ateneo pisano per la valorizzazione della conoscenza e suo impatto, e la professoressa Maria Letizia Trincavelli, direttrice del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa e vicedirettrice di Spark Pisa.

“Per l’Università di Pisa è un grande onore essere entrati, per primi in Italia, a far parte della rete Spark che riunisce alcuni dei più prestigiosi centri di ricerca traslazionale al mondo – ha commentato Corrado Priami – Ogni anno, attraverso Spark Pisa, il nostro Ateneo sostiene, attraverso un apposito bando, un  Proof of Concept (PoC)  al fine di  favorire il passaggio dall’idea al prototipo funzionante e arrivare, così, al trasferimento verso le imprese o il mercato, favorendo in questo mondo il trasferimento tecnologico”.

“Far parte di una rete come quella di Spark Global offre un'apertura verso il panorama internazionale e ci induce anche ad un cambiamento nel nostro modo di pensare e declinare la ricerca, con una maggior attenzione anche ai suoi aspetti applicativi – spiega la professoressa Maria Letizia Trincavelli – In cinque anni di attività abbiamo raggiunto ottimi risultati che dimostrano come il percorso avviato stia contribuendo allo sviluppo della ricerca dell’Ateneo in ambito medico farmaceutico e clinico traslazionale. Dal 2019 ad oggi, infatti, con Spark Pisa abbiamo portato avanti, sia in ambito diagnostico che terapeutico, sei progetti innovativi favorendo collaborazioni multidisciplinari e creando nuove sinergie per lo sviluppo di idee competitive e applicative. La soddisfazione per i risultati raggiunti è, peraltro, ancor più grande se si pensa che, in un’Italia dove la presenza femminile nelle discipline Stem è sempre molto bassa, le vere protagoniste di questi primi cinque anni di Spark Pisa sono state soprattutto le nostre ricercatrici”

“Sono rimasta molto impressionata dalle relazioni fatte dai sei gruppi, tutti molto competenti, che oggi hanno presentato il loro progetti in modo estremamente professionale - ha commentato Daria Mochly Rosen, al termine dell’incontro – Sono davvero entusiasta, perché tutti i loro progetti hanno un’applicabilità immediata. Adesso è necessario che l’Università li sostenga e li segua nella fase di brevettazione, così da stabilire il valore delle loro invenzioni. Nel suo insieme, questo programma è piuttosto giovane ed è fantastico, i ricercatori sono davvero impressionanti. Sono molto soddisfatta".

Sei i Proof of Concept (PoC) finanziati dal 2019 al 2023, tra innovativi metodi di diagnosi basati sull’Intelligenza Artificiale a nuovi sistemi di prevenzione e cura di malattie come il diabete o la Retinite Pigmentosa. Il tutto per un investimento complessivo di 150.000 euro.

Il primo, in ordine di tempo, è stato il progetto “NeurATy” (Neuroprotection and Anti-inflammatory activity of TSPO ligands), che propone l'utilizzo di una particolare molecola in grado di legare la proteina TSPO per il trattamento dello stato infiammatorio in soggetti affetti da Retinite Pigmentosa, con l'obiettivo di proteggere i neuroni e mantenere la vista.

È stata poi la volta del progetto “DROP” (Digital Research in Oncologic Pathology), che mira a sviluppare e convalidare un innovativo strumento, basato sull’intelligenza artificiale, in grado di analizzare le immagini digitali tratte dai vetrini di pazienti affetti da cancro.  Strumento che permetterà di migliorare le diagnosi e di fornire assistenza nella valutazione quantitativa di importanti biomarcatori che guidano le decisioni terapeutiche e per accelerare la ricerca in patologia oncologica

Si propone, invece, di sviluppare un sensore come strumento specifico per valutare la presenza e la quantità di proteine virali in fluidi biologici il progetto “FACT” (Fret sensor for the Assessment of Coronavirus Titre”), finanziato nel 2020 e al momento in fase di deposizione brevettuale.

Offre una nuova metodologia di prevenzione della disfunzione endoteliale indotta dal diabete “Melodie” (Metformin-isothiocyanate: a noveL apprOach to prevent Diabetes-Induced Endothelial dysfunction) che ha vinto il bando nel 2021. Il metodo proposto si basa sull'utilizzo di una molecola ibrida della metformina con l'obiettivo di migliorarne il profilo farmacocinetico (assorbimento, distribuzione, metabolismo, ed escrezione) o e, in particolare, di aumentarne la biodisponibilità orale. Ossia la percentuale della quantità di farmaco somministrata (dose) che raggiunge la circolazione sistemica.

Nel 2022 è stata poi la volta di “PROMET” (Prognostic Impact of circulating tumor DNA as a marker of minimale residual disease after resection of colorectal cancer liver metastase), progetto che si ponte come obiettivo quello di valutare l'utilità clinica del DNA tumorale derivato (ctDNA) circolante come marcatore del parametro della malattia minima residua (MRD), o malattia residua misurabile, che definisce quante cellule neoplastiche rimangono dopo la resezione chirurgica delle metastasi epatiche del cancro del colon-retto (CRLM).

Infine, “GENE DESTINY” (GENomic approach integratED with artificial intelligencE for the management of Small cell lung cancer patients Treated with ImmuNotherapY), progetto mira a convalidare una firma genetica come biomarcatore predittivo indipendente per la risposta alle terapie chemio-immunologiche nei pazienti con carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC). I dati molecolari saranno ottenuti analizzando i campioni ottenuti con biopsia liquida mediante il Next Generation Sequencing (NGS), ossia l'analisi computazionale basata su intelligenza artificiale (AI) al trattamento di base e alla progressione della malattia.

Redazione Web

“La musica non cambia”

2 mesi ago

“La musica non cambia. Tito Petralia e Vittorio Emanuele Bravetta, due autori popolari tra fascismo e repubblica” è il nuovo volume del professore Alessandro Volpi edito dalla Pisa University Press, la casa editrice dell’Ateneo pisano. Alessandro Volpi insegna Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze politiche dell'Università di Pisa. Di recente, alcuni suoi lavori hanno preso in esame i rapporti fra musica e politica nel contesto italiano.
“La musica non cambia” prende così in esame il tema della continuità nella storia italiana del Novecento e la transizione dal fascismo alla Repubblica nei contesti specifici (e poco studiati) legati alla grande narrazione di massa, ai mass media e al fertilissimo mondo della canzone e della “letteratura commerciale”.

In particolare, questo libro raccoglie le biografie di due personaggi, Tito Petralia e Vittorio Emanuele Bravetta, che incarnarono molto bene tale continuità con la produzione di stereotipi destinati a passare dall’inizio del Novecento, al fascismo e alla Repubblica e a influenzare l’immaginario del nostro paese.

Pubblichiamo di seguito un estratto dell’introduzione del volume.

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Tito Petralia e Vittorio Emanuele Bravetta, due figure di cui la storiografia si è occupata assai poco, tanto da far sì che manchino persino voci biografiche non limitate a poche righe. Entrambi hanno avuto un posto centrale nelle vicende della storia della canzone italiana, entrambi hanno avuto relazioni con l’Eiar in epoca fascista e hanno poi continuato la loro prolifica attività dopo la fine del regime. Il loro tratto comune più rilevante è costituito proprio dalla grande fortuna di pubblico che hanno riscosso le loro opere, dalla chiara matrice ideologicamente orientata e, al contempo, dalla pronunciata e costruita vocazione popolare.

Bravetta e Petralia hanno svolto un ruolo cruciale nel ricomporre parti della storia patria in un armamentario di pezzi “facili”, agilmente divulgabili e in grado di sovrapporre tradizione e fascistizzazione; un armamentario che, privato dei tratti più schierati, è rimasto solidamente in vita nel dopoguerra, tradotto appunto nei già ricordati generi di ampia divulgazione. Solo per ricordare un episodio importante tra il marzo e l’aprile del 1947, Petralia fu inserito nella prestigiosa Commissione giudicatrice rispetto ad un bando “per una canzone (parole e musica) mai eseguita”, voluto dall’Associazione culturale “Fiera letteraria” e dalla Rai, «allo scopo di incoraggiare il rinnovamento della musica leggera italiana e rendere operose in questo campo le energie della cultura». Nella citata Commissione figuravano Alberto Savinio, Mino Maccari e Luigi Colacicchi in rappresentanza della Associazione che pubblicava l’omonima, nota rivista, e Sergio Pugliese e Petralia per la Rai. Nel 1955, poi, fece parte della Commissione selezionatrice dei cantanti per l’edizione di Sanremo di quell’anno, che era presieduta da Giulio Razzi, direttore centrale dei programmi Rai. È interessante rilevare che sia Petralia sia Bravetta assunsero negli anni repubblicani le vesti degli “anziani saggi”, forti di una lunga e intensa esperienza biografica, capaci di trasmettere ai giovani una sana e consueta visione della vita a cui era attribuito il carattere della migliore vocazione nazionale: i “nonni” della patria che non dovevano rinunciare ai loro trascorsi di fedeltà al regime, tutt’altro.

 

Redazione Web

Acceleratore SuperKEKB: il 20 febbraio la prima collisione elettrone-positrone della nuova raccolta dati

2 mesi ago

Il 20 febbraio scorso l’acceleratore SuperKEKB del laboratorio KEK di Tsukuba, in Giappone, ha registrato la prima collisione elettrone-positrone nell’ambito della nuova campagna di raccolta dati “Run 2”.

Continua così l’esperimento Belle II in corso dal 2019 per studiare le proprietà della materia a livello microscopico attraverso le collisioni elettrone-positrone, un fenomeno che genera principalmente mesoni B, ma anche mesoni con charm e leptoni tau. Obiettivo generale degli scienziati è quello di trovare il cosiddetto “cigno nero”, ovvero anomalie (come ad esempio nuove particelle e nuovi fenomeni fisici) rispetto al Modello Standard che definisce la fisica così come la conosciamo oggi.

 

 

La nuova fase di raccolta dati è partita il 29 gennaio dopo un anno e mezzo di lavori di potenziamento e manutenzione per permettere all’acceleratore di raggiungere luminosità sempre più elevate, e all’esperimento di ricostruire con maggiore precisione ed efficienza gli eventi prodotti.

Il Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa partecipa a Belle II insieme all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) con un gruppo di circa 70 ricercatori e ricercatrici di che fanno parte di otto strutture: i Laboratori Nazionali di Frascati, e le Sezioni di Napoli, Padova, Perugia, Pisa, Roma Tre, Torino e Trieste.

“L’intervento di maggiore rilevanza che ha riguardato Belle II è stata l’installazione di un nuovo rivelatore di tracce nello strato più interno dell’esperimento, e quindi più vicino al punto di interazione fra elettroni e positroni: si tratta di un rivelatore a pixel di silicio che, insieme al rivelatore a strip di silicio Silicon Vertex Detector (SVD) che lo circonda, permette di misurare con altissima precisione il punto di passaggio delle particelle cariche”, spiega Giuliana Rizzo, ricercatrice all’INFN e professoressa all’Università di Pisa, project leader del Silicon Vertex Detector.

“L’intervento ha richiesto il completo smontaggio e rimontaggio del rivelatore SVD, costruito e gestito grazie a un importante contributo italiano, e ha compreso anche l’installazione di un nuovo tubo a vuoto intorno al punto di interazione, e il potenziamento delle schermature del rivelatore dal ‘fondo’ di radiazione prodotto dall’acceleratore in misura maggiore all’aumentare della luminosità. Tutte queste operazioni sono state completate con successo nei tempi stabiliti, permettendo di testare la piena funzionalità del rivelatore con i raggi cosmici e il ripristino delle performance precedenti l’intervento”, conclude Rizzo.

 

Redazione Web

Premio America Giovani: studentessa dell'Università di Pisa premiata alla Camera dei Deputati

2 mesi ago

La Fondazione Italia USA premia il talento universitario di Sofia Vitaggio, neolaureata in “Diritto dell’impresa, del lavoro e della pubblica amministrazione” presso l'Università di Pisa con una tesi in diritto commerciale dal titolo: “Il Diritto all’oblio all’interno del Registro delle Imprese: il Caso Manni (sentenza CGUE C-398/15)”.

Alla giovane e talentuosa dottoressa è stata assegnata anche una borsa di studio a copertura totale, per fruire gratuitamente del master online esclusivo della Fondazione Italia USA in “Leadership per le relazioni internazionali e il made in Italy” La premiazione, con la consegna della pergamena, è avvenuta il 15 febbraio scorso con una cerimonia ufficiale a Roma presso la Camera dei Deputati. 

“Congratulazioni a Sofia – ha commentato la professoressa Enza Pellecchia, Prorettrice per la coesione della comunità universitaria e il diritto allo studio, appena ricevuta la notizia del premio - Ogni volta che una nostra studentessa o un nostro studente viene apprezzato in altri contesti, il riconoscimento è non solo per la persona, ma anche per tutta la comunità universitaria che l'ha fatta crescere. Una circolarità virtuosa che ci incoraggia a fare sempre meglio"

“È stato bello poter capire il vero significato di meritocrazia - ha commentato Sofia Vitaggio - Mi ritengo onorata per aver ricevuto il Premio America Giovani e spero che questo possa fungere per gli altri, come lo è stato per me, da incentivo per continuare ad impegnarsi nel proprio percorso con costanza e dedizione. Buona fortuna a tutti gli studenti Unipi.”

Il Premio America Giovani al talento universitario, un riconoscimento per i giovani neolaureati meritevoli delle università italiane promosso dalla Fondazione Italia USA promuove e nato con l'intento di valorizzare ogni anno mille talenti del nostro Paese con percorso universitario di eccellenza in discipline di interesse della Fondazione, per sostenerli concretamente nel loro ingresso nel mondo del lavoro globale e delle sfide internazionali.

I vincitori del Premio America Giovani sono selezionati dalla Fondazione Italia USA, tramite la banca dati delle università italiane, tra i neolaureati con un piano di studi afferente agli interessi della Fondazione e sulla base di diversi parametri indicativi del loro talento accademico come, tra l’altro, il punteggio di laurea, l’età di conseguimento del titolo, la media degli esami, la data della sessione di laurea, il curriculum studiorum e altre valutazioni comparative. Non sono possibili autocandidature.

Redazione Web
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