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Soluzioni innovative per la diagnosi e il trattamento delle ferite croniche

6 ore 33 minuti ago

Una collaborazione tra la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, INAIL, Auxilium Vitae e Università di Pisa potrebbe cambiare in modo radicale la diagnosi, la gestione e la terapia delle ferite croniche. Si tratta del progetto di ricerca WOUND, che punta a sviluppare nuove tecnologie per accelerare la guarigione delle ferite croniche, un problema che affligge un elevato numero di persone e che comporta costi notevoli a carico del sistema sanitario (un miliardo di euro all’anno, solo in Italia). Il progetto è supportato tecnicamente da Inail e vede coinvolti Emanuele Gruppioni, Direttore Area ricerca del Centro Protesi, e Elisa Taglione, Direttore sanitario del Centro di riabilitazione motoria di Volterra.

“Grazie ai risultati promettenti ottenuti fino a questo momento, e alla collaborazione con centri clinici di prim’ordine, abbiamo la possibilità di essere i primi al mondo a proporre sistemi diagnostici quantitativi e nuove tecnologie terapeutiche che abbiano un impatto davvero importante sui pazienti affetti da ferite croniche. Grazie a una proficua collaborazione tra bioingegneri e clinici, confidiamo di ottenere risultati di livello internazionale e di grande impatto sulla salute di tante persone” dichiarano Leonardo Ricotti e Andrea Cafarelli, rispettivamente docente e ricercatore del Regenerative Technologies Lab della Scuola Superiore Sant’Anna, a capo del progetto WOUND.

Le ferite croniche: che cosa sono e quante persone colpiscono
Le ferite croniche rappresentano una sfida crescente per la salute pubblica. Le più comuni sono le ulcere da pressione, le ulcere venose, le ulcere diabetiche e le ferite post-chirurgiche complicate. Si stima che in Europa oltre 2 milioni di persone convivano con una ferita cronica, un numero destinato ad aumentare con l'invecchiamento della popolazione e l'aumento delle patologie croniche come il diabete. L'impatto sul sistema sanitario è significativo: queste ferite richiedono cure continue, aumentano il rischio di infezioni gravi e allungano i tempi di degenza ospedaliera, generando costi elevati e riducendo la qualità della vita dei pazienti.

Il prossimo obiettivo: la traslazione clinica delle nuove tecnologie
Il meeting tecnico, che si è svolto presso l’Istituto di BioRobotica della Scuola Sant’Anna, è stato l’occasione per tracciare i prossimi obiettivo del progetto. Nell’ultimo anno e mezzo infatti, il Regenerative Technologies Lab dell’Istituto di BioRobotica ha sviluppato e testato in laboratorio, con successo, alcune tecnologie quali sistemi di stimolazione ultrasonica ed elettromagnetica, patch intelligenti per terapie innovative, e sistemi di elaborazione dati utilizzabili per una diagnostica avanzata e quantitativa. Nei prossimi mesi, si punterà alla traslazione clinica di alcune di queste tecnologie, grazie al personale del Centro di Riabilitazione Motoria INAIL di Volterra, di Auxilium Vitae Volterra e dell’Unità di Dermatologia dell’Università di Pisa.

“WOUND è un progetto articolato e sfidante, caratterizzato da un approccio fortemente interdisciplinare, che vuole rendere la cura delle ferite difficili più mirata e personalizzata, quindi più efficace; grazie al lavoro di ricerca sul processo di guarigione delle ferite ci attendiamo di poter sviluppare strumenti diagnostici e terapeutici innovativi e trasferibili nella pratica clinica” dichiara Elisa Taglione, direttore sanitario del Centro di Riabilitazione Motoria Inail di Volterra.

“Siamo felici di partecipare a questo progetto, che richiede l'attività congiunta di più ricercatori e operatori sanitari, per risolvere una delle problematiche che più affligge ed inficia il recupero e il trattamento riabilitativo di degenti complessi, con lesioni da pressione” dichiara Loredana Voci, Direttrice Struttura Complessa Area Neurologica Auxilum Vitae Volterra.

“Il progetto di ricerca WOUND integra competenze cliniche e laboratoristiche che porteranno interessanti contributi per la gestione delle ferite di difficile guarigione. Il dermatologo è in prima fila nell’affrontare la complessa gestione assistenziale dei pazienti con lesioni cutanee e siamo quindi ansiosi di offrire la nostra esperienza nel settore per il raggiungimento di risultati innovativi” afferma Marco Romanelli, professore ordinario di Dermatologia presso l’Università di Pisa e direttore della clinica dermatologica della Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana.

Il gruppo di ricerca coinvolto nel progetto
Il progetto WOUND include professionalità provenienti da contesti medici e di ricerca scientifica: per la Scuola Superiore Sant’Anna sono coinvolti Leonardo Ricotti, Andrea Cafarelli, Bianca Cioni, Giorgia Romano, Francesco Iacoponi, Angela Sorriento, Francesco Nocilla, Carlotta Pucci, Erika Roventini, Sofia Sirolli, Mattia Biagi, e Alessandra Coviello; per il Centro di Riabilitazione Motoria INAIL di Volterra partecipano al progetto Elisa Taglione, Daniele Onnis, Ilaria Creatini, Silvia Bianchi, Antonio Miceli, Monica Baldi e Ilaria Cabizzosu. Per Auxilium Vitae Loredana Voci, Aurora Grandoli e Samuele Bigazzi. Per l’Unità di Dermatologia dell’Università di Pisa Marco Romanelli e Alessandra Michelucci.

(Fonte: Ufficio Stampa Scuola Superiore Sant'Anna).

Redazione Web

AlgoNomy: ripensare il rapporto medico-paziente ai tempi dell’AI

7 ore 24 minuti ago

Si chiama AlgoNomy ed è un progetto che guarda al futuro della medicina attraverso l’obiettivo dell’intelligenza artificiale. Coordinato dall’Università di Pisa e nato dalla collaborazione tra diversi atenei europei riuniti nell’Alleanza Circle U., AlgoNomy mette in rete competenze, idee e strumenti per capire come le tecnologie intelligenti possano trasformare il modo in cui ci prendiamo cura della salute. Il progetto si propone di affrontare una delle sfide più urgenti della sanità del futuro: il cosiddetto paternalismo digitale, una nuova forma di paternalismo prodotto dall’implementazione dell’Intelligenza artificiale, in cui decisioni cliniche cruciali vengono sempre più influenzate dagli algoritmi, riducendo lo spazio di dialogo e co-decisione tra medico e paziente. Coordinato da Nicolò Amore, ricercatore di Diritto penale presso l’Università di Pisa, AlgoNomy riunisce un team interdisciplinare di esperti ed esperte in diritto, medicina e informatica di Università di Vienna, King's College London, Humboldt-Universität zu Berlin, Université Paris Cité, University of Belgrade, che hanno ricevuto un finanziamento da Circle U. attraverso il Seed Funding Scheme 2024 e di cui è da poco uscita la call 2025.

“Con l’adozione crescente di dispositivi medici basati su IA, la medicina risulta sempre più guidata dai dati – spiega Nicolò Amore – Si tratta certamente di un processo da incoraggiare, vista le opportunità che apre; tuttavia, questa trasformazione comporta anche dei rischi da gestire, e in particolare quello di ridurre il ruolo attivo di pazienti e medici, mettendo in discussione la natura stessa dell’assistenza sanitaria come relazione umana e condivisa. In effetti, almeno per come attualmente concepiti, i sistemi IA che assistono le scelte terapeutiche operano spesso attraverso processi opachi, per altro basandosi esclusivamente su dati clinici quantitativi e offrendo scarse possibilità di dialogo e personalizzazione”.

Questi limiti richiedono un ripensamento profondo della progettazione e dell’integrazione dei sistemi di IA nella pratica clinica. L’approccio interdisciplinare proposto da AlgoNomy punta a restituire ai protagonisti del percorso terapeutico — pazienti e medici — un controllo reale e consapevole sui processi decisionali, preservando così l’agency umana anche in un contesto tecnologicamente avanzato.

Il team di ricerca analizzerà l’impatto dell’AI sull’autonomia dei pazienti e dei professionisti sanitari, con una particolare attenzione alle implicazioni giuridiche e alla distribuzione della responsabilità nei processi decisionali clinici: “AlgoNomy intende indagare come molte attuali applicazioni di intelligenza artificiale in ambito sanitario tendano a escludere le preferenze individuali dei pazienti e a limitare la capacità dei medici di influenzare e comprendere appieno gli esiti terapeutici – continua Nicolò Amore – L’obiettivo è sviluppare strategie concrete per contrastare tali rischi, promuovendo un utilizzo dell’IA che sia rispettoso dei diritti fondamentali e del principio di autonomia — cardine dell’etica medica contemporanea”. Il progetto rappresenta un passo significativo verso un modello di sanità digitale che coniughi innovazione, responsabilità e rispetto dell’autonomia individuale.

Algonomy al Festival della Robotica 2025

Domenica 11 maggio, il progetto sarà presentato nell’ambito della Algonomy Conference in programma presso gli Arsenali Repubblicani a partire dalle ore 9.00.

Redazione Web

Situazione AlgoNomy: ripensare il rapporto medico-paziente ai tempi dell’AI

7 ore 24 minuti ago

Si chiama AlgoNomy ed è un progetto che guarda al futuro della medicina attraverso l’obiettivo dell’intelligenza artificiale. Coordinato dall’Università di Pisa e nato dalla collaborazione tra diversi atenei europei riuniti nell’Alleanza Circle U., AlgoNomy mette in rete competenze, idee e strumenti per capire come le tecnologie intelligenti possano trasformare il modo in cui ci prendiamo cura della salute. Il progetto si propone di affrontare una delle sfide più urgenti della sanità del futuro: il cosiddetto paternalismo digitale, una nuova forma di paternalismo prodotto dall’implementazione dell’Intelligenza artificiale, in cui decisioni cliniche cruciali vengono sempre più influenzate dagli algoritmi, riducendo lo spazio di dialogo e co-decisione tra medico e paziente. Coordinato da Nicolò Amore, ricercatore di Diritto penale presso l’Università di Pisa, AlgoNomy riunisce un team interdisciplinare di esperti ed esperte in diritto, medicina e informatica di Università di Vienna, King's College London, Humboldt-Universität zu Berlin, Université Paris Cité, University of Belgrade, che hanno ricevuto un finanziamento da Circle U. attraverso il Seed Funding Scheme 2024 e di cui è da poco uscita la call 2025.

“Con l’adozione crescente di dispositivi medici basati su IA, la medicina risulta sempre più guidata dai dati – spiega Nicolò Amore – Si tratta certamente di un processo da incoraggiare, vista le opportunità che apre; tuttavia, questa trasformazione comporta anche dei rischi da gestire, e in particolare quello di ridurre il ruolo attivo di pazienti e medici, mettendo in discussione la natura stessa dell’assistenza sanitaria come relazione umana e condivisa. In effetti, almeno per come attualmente concepiti, i sistemi IA che assistono le scelte terapeutiche operano spesso attraverso processi opachi, per altro basandosi esclusivamente su dati clinici quantitativi e offrendo scarse possibilità di dialogo e personalizzazione”.

Questi limiti richiedono un ripensamento profondo della progettazione e dell’integrazione dei sistemi di IA nella pratica clinica. L’approccio interdisciplinare proposto da AlgoNomy punta a restituire ai protagonisti del percorso terapeutico — pazienti e medici — un controllo reale e consapevole sui processi decisionali, preservando così l’agency umana anche in un contesto tecnologicamente avanzato.

Il team di ricerca analizzerà l’impatto dell’AI sull’autonomia dei pazienti e dei professionisti sanitari, con una particolare attenzione alle implicazioni giuridiche e alla distribuzione della responsabilità nei processi decisionali clinici: “AlgoNomy intende indagare come molte attuali applicazioni di intelligenza artificiale in ambito sanitario tendano a escludere le preferenze individuali dei pazienti e a limitare la capacità dei medici di influenzare e comprendere appieno gli esiti terapeutici – continua Nicolò Amore – L’obiettivo è sviluppare strategie concrete per contrastare tali rischi, promuovendo un utilizzo dell’IA che sia rispettoso dei diritti fondamentali e del principio di autonomia — cardine dell’etica medica contemporanea”. Il progetto rappresenta un passo significativo verso un modello di sanità digitale che coniughi innovazione, responsabilità e rispetto dell’autonomia individuale.

Algonomy al Festival della Robotica 2025

Domenica 11 maggio, il progetto sarà presentato nell’ambito della Algonomy Conference in programma presso gli Arsenali Repubblicani a partire dalle ore 9.00.

Redazione Web

AI e chimica alleate per progettare nuovi farmaci

1 giorno 4 ore ago

Creare nuovi farmaci in modo più veloce e mirato, anche per malattie rare o complesse. Un team di ricerca internazionale, delle Università di Pisa e di Bonn ha sviluppato un innovativo approccio per generare nuove molecole chimiche grazie all’intelligenza artificiale. Al centro dello studio pubblicato sull’European Journal of Medicinal Chemistry ci sono i cosiddetti “chemical language models”, modelli linguistici ispirati a quelli usati nei chatbot come ChatGPT, capaci di leggere e scrivere il linguaggio molecolare.

“L’obiettivo – racconta il professore Tiziano Tuccinardi del Dipartimento di Farmacia dell’Atenao pisano – è quello di superare i limiti delle tecniche tradizionali nella progettazione di nuovi farmaci, generando in modo automatico molecole chimicamente corrette, strutturalmente originali e potenzialmente bioattive, a partire da frammenti”.

Ricercatori e ricercatrici hanno addestrato tre modelli di IA per “tradurre” frammenti chimici (strutture centrali, gruppi sostituenti o combinazioni di entrambi) in nuove molecole a partire da enormi dataset di molecole bioattive.

“La ricerca rappresenta un salto qualitativo nell'uso dell'IA per la chimica e la farmacologia – continua Tuccinardi - aprendo la strada a una generazione automatica e intelligente di molecole, con impatti potenziali su sanità, industria e ricerca. Non si tratta solo di accelerare i processi, ma di immaginare strutture molecolari che la mente umana può difficilmente concepire”.

“In linea con i principi di scienza aperta – conclude Tuccinardi - il codice sorgente e i dataset utilizzati nello studio sono stati resi pubblicamente disponibili, a beneficio della comunità scientifica. Ma soprattutto, il progetto segna un traguardo importante: da oggi, anche all’Università di Pisa, è possibile generare automaticamente nuove molecole bioattive, un passo concreto verso una progettazione molecolare più rapida, innovativa e accessibile”.

Ha collaborato alla ricerca Lisa Piazza (nella foto con Tuccinardi), iscritta al Dottorato in Scienza del Farmaco e delle Sostanze Bioattive dell’Università di Pisa e componente del gruppo di Chimica Computazionale del professore Tuccinardi.

 

 

Redazione Web

L’Ateneo festeggia il Giro con lo spettacolo “Pedala! Gino e Adriana Bartali nell’Italia del dopoguerra”

1 giorno 5 ore ago

“Pedala! Gino e Adriana Bartali nell’Italia del dopoguerra”, è questo il titolo del monologo che andrà in scena mercoledì 14 maggio alle 21 al Teatro Nuovo di Pisa (Piazza della Stazione, 16).

L’evento si inserisce tra gli appuntamenti che animeranno la città in concomitanza del passaggio del Giro d’Italia, una serata a porte aperte (ingresso gratuito con prenotazione fino ad esaurimento posti) promossa e voluta dall’Università di Pisa e dal Cidic – Centro per l’innovazione e la diffusione della cultura, in collaborazione con il CUG-Comitato Unico di Garanzia.

Il pubblico si troverà di fronte a una storia d’Italia a due voci: Gino Bartali e sua moglie Adriana raccontano le origini di un paese fragile e bellissimo, l’Italia più vera e piccola, gli anni dal 1940 al 1960. Da una parte lo sguardo di Adriana che permette di prendere coscienza del ruolo civile delle donne nella ricostruzione dell’Italia democratica, dall’altra Gino, ciclista e intramontabile fuoriclasse ma anche Giusto tra le Nazioni per aver salvato tanti ebrei. Si parla del legame con Fausto Coppi, rivale e fratello di battaglie, di un Paese spaccato in due, dell’attentato a Togliatti, dell’epico Tour de France del ‘48 che cambiò la storia d’Italia.

Queste due voci insieme, Adriana e Gino, interpretate da Federica Molteni, provengono dal passato, ma pongono interrogativi sul presente. E sul futuro. Domande necessarie per riflettere sull’assurdità del conflitto, sul primo voto alle donne, sulla nascita della Repubblica e sulle contraddizioni legate a un regime che non vuole finire del tutto.

Lo spettacolo, con la regia di Carmen Pellegrinelli, rappresenta la seconda tappa del “Progetto Bartali” dopo “Gino Bartali-Eroe silenzioso”, che con 250 repliche in Italia e in Europa, ha incontrato e fatto emozionare oltre cinquantamila spettatori, caso straordinario nel teatro indipendente del nostro Paese. Una produzione Luna e GNAC Teatro, monologo tratto da “La corsa giusta” di Antonio Ferrara (Coccole Books). La durata è di un’ora circa.

Biglietti in prenotazione sulla piattaforma Ciaotikets: PEDALA! Gino e Adriana Bartali nell’Italia del dopoguerra | ciaotickets

Redazione Web

Al via a Pisa il Centro di Competenza per Industria 5.0

2 giorni 2 ore ago

La sfida della transizione all’industria 5.0 richiede lo sviluppo e l'adozione, da parte delle imprese, di tecnologie che sappiano collaborare con le persone, rispettare l’ambiente e rispondere in modo flessibile alle crisi in vari ambiti, sanitario, energetico, ambientale e commerciale. Per supportare il mondo industriale in questo deciso cambio di paradigma è nato presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DII) dell'Università di Pisa il Centro di Competenza per Industria 5.0.


I professori Sergio Saponara e Giovanni Stea.

Il Centro è stato inaugurato al Polo Tecnologico di Navacchio mercoledì 7 maggio in presenza di rappresentanti della Regione Toscana, del rettore dell'Ateneo di Pisa Riccardo Zucchi, delle Associazioni di Categoria CNA, Unione Industriale e Camera di Commercio e di una cinquantina di Imprese, alcune delle quali, Aruba, Esaote, Logobject,  STMicroelectronics e Yanmar, hanno approfondito il tema della relazione tra ricerca e mondo industriale portando diversi esempi di collaborazione in atto con il Dipartimento.

“Il Centro di Competenza per Industria 5.0 - spiega il Direttore del laboratorio per il 5.0 Giovanni Stea – nasce come complemento ed evoluzione del Centro di supporto per la trasformazione digitale delle imprese, già attivo dal 2018, e operante attraverso tecnologie applicabili nell’immediato. Oggi facciamo un passo ulteriore: l’obiettivo è declinare sulle esigenze delle imprese la ricerca di frontiera che costruisce le fondamenta dell’Industria 5.0.
Il Dipartimento fornisce tutto il supporto per quanto riguarda lo sviluppo e l’adattamento delle tecnologie, mentre ci avvaliamo della collaborazione con il Polo Tecnologico di Navacchio per un sostegno alle imprese a più ampio spettro”.

Il Centro si articola in quattro linee di ricerca strategiche, fortemente interconnesse:

  •        Intelligenza Artificiale Affidabile e Integrata (Trustworthy Artificial and Embodied Intelligence)

Qui si lavora per sviluppare robot e sistemi intelligenti capaci di operare in ambienti complessi e dinamici, interagendo con gli esseri umani in modo sicuro e trasparente. L’obiettivo è realizzare intelligenze artificiali che non siano scatole nere, ma strumenti comprensibili, adattivi e controllabili.

  •       Sistemi Centrati sull’Uomo (Human-Centric Systems)

Questa linea integra l’informatica con le neuroscienze, la psicologia cognitiva e l’ergonomia. Si studiano interfacce intelligenti, sistemi indossabili, tecnologie per la salute e il benessere, e soluzioni ICT che amplifichino le capacità umane anziché sostituirle.

  •        Reti del Futuro (Future Networks)

Per l’Industria 5.0 servono reti di comunicazione affidabili, sicure e a bassa latenza, in grado di supportare il coordinamento in tempo reale tra macchine, sensori e operatori umani. Questa linea di ricerca studia le reti 5G, 6G, edge computing e tecnologie IoT avanzate per creare infrastrutture intelligenti e resilienti.

  •        Materiali e Dispositivi Intelligenti (Smart Materials Devices)

Qui si progettano nuove generazioni di dispositivi ICT: sensori flessibilimateriali riconfigurabilimicro-dispositivi adattivi a basso impatto ambientale. L’idea è costruire l’hardware su cui far correre le tecnologie intelligenti del futuro, con attenzione a sostenibilità e riuso.

In questi anni - prosegue Sergio Saponara, Direttore DII - il Dipartimento ha sviluppato un nuovo modo di fare ricerca: multidisciplinare, orientato al lungo periodo, ma con radici ben piantate nelle esigenze reali dell’industria e della società. Il Centro per il 5.0 guarda avanti, ma costruisce il futuro con strumenti concreti, coinvolgendo imprese, enti pubblici e cittadini. Anche grazie a questo progetto, l’Università di Pisa si conferma tra i poli più avanzati in Italia e in Europa nello sviluppo delle tecnologie che guideranno la transizione verso un’industria più umana, intelligente e sostenibile”.

"Questa iniziativa - commenta il rettore dell'Università di Pisa Riccardo Zucchi - nata da uno dei Dipartimenti di Eccellenza dell’Università di Pisa, ha un grande valore per il territorio e non solo. Oltre alla centralità della transizione digitale e delle tecnologie emergenti, pone l’accento sull’impatto sociale della ricerca, con ricadute significative sul tessuto economico-produttivo locale. In un’area ad alta densità di start-up e spin-off come il nostro, valorizzare queste risorse è fondamentale. L’Intelligenza artificiale gioca un ruolo chiave, anche nelle nostre collaborazioni internazionali, come il Knowledge Hub sulla AI da noi coordinato nell’ambito dell’Alleanza Universitaria Circle U. di cui Unipi è partner insieme ad altri 8 prestigiosi atenei in Europa, un riconoscimento delle competenze che Pisa esprime a livello europeo".

“L’apertura del Centro di Competenza per Industria 5.0 rappresenta un passo strategico per la Toscana – ha fatto sapere il presidente della Regione Eugenio Giani –. Puntiamo su un modello di sviluppo in cui innovazione, sostenibilità e centralità della persona siano elementi fondanti del tessuto produttivo regionale. Questo Centro rafforza il ruolo della Toscana come laboratorio d’avanguardia, capace di coniugare alta formazione, ricerca scientifica e crescita economica diffusa, nel segno di una transizione digitale ed ecologica giusta e inclusiva”.

Redazione Web

Da UniPi, Sant’Anna, Normale e Conservatorio di Livorno in pellegrinaggio ai campi di sterminio

2 giorni 4 ore ago

Una delegazione di 29 studentesse e studenti dei tre Atenei pisani e del Conservatorio di Livorno l’11 maggio sfilerà a Mauthausen per celebrare l’80° Anniversario della Liberazione. La cerimonia è una delle tappe del pellegrinaggio ai campi di sterminio nazisti promosso e organizzato dall’Associazione nazionale ex deportati che quest’anno coinvolge per la prima volta una delegazione dell’Università di Pisa, di Sant’Anna e Normale e del Conservatorio Mascagni di Livorno. I partecipanti partiranno l’8 maggio e rientreranno lunedì 12 maggio, dopo aver visitato i campi di Dachau, Ebensee, Gusen, Castello Di Hartheim, Mauthausen.

 

La delegazione dell’Università di Pisa è composta da dieci tra studenti e dottorandi selezionati nei mesi scorsi dal Centro per l’innovazione e la diffusione della cultura (CIDIC) sulla base di quasi 500 domande pervenute. In rappresentanza di tutti i settori culturali dell’Ateneo, vi prendono parte Giulia Badame (Beni culturali, RadioEco), Jacopo Benvenuti (Ingegneria informatica), Daniele Casini (Filosofia), Aurora Lemmetti (Sociologia e management dei servizi sociali), Greta Montera (Informatica umanistica), Andrea Paroli (Informatica), Diletta Pellegrini(Medicina e chirurgia), Caterina Pignata (Biologia applicata alla biomedicina), Giacomo Vaiani (dottorando in Computer science) e Matteo Vecchi (dottorando in Scienze giuridiche). A guidare la delegazione, ci sono i professori Giuseppe Campanelli, prorettore per gli affari giuridici, e Saulle Panizza il direttore del Cidic. Tra i partecipanti, per il Cidic, anche Antonella Ficini (personale tecnico amministrativo – area dei collaboratori), Chiara Musicò (borsista) e Alessandro Palla (studente collaboratore part-time).

Prenderanno parte al pellegrinaggio anche dodici studenti e perfezionandi della Scuola Superiore Sant’Anna: Piccarda Baccianti (Scienze mediche), Aurora Barraco (Scienze agrarie e biotecnologie), Alice Bianco (Scienze economiche e manageriali), Leonardo Boselli (Scienze giuridiche), Antonio Di Donato (Scienze mediche), Nicolò Ferretti (Scienze politiche), Marian Alexandru Isacov (Scienze mediche), Francesco Scarrone (Ingegneria), Lidia Trombello (Scienze mediche); Muhammad Awais (Biorobotica), Marian Statache (Biorobotica), Daria Riabitch (Translational medicine). Tre sono gli studenti e perfezionandi della Scuola Normale Superiore: Samuele Biscaro (Matematica), Alice Pitt (Storia) e Chiara Pazzaglia (Storia dell’arte). Completano la delegazione  quattro studenti del Conservatorio Mascagni di Livorno: Niccolò Chiaramonti, Matteo Dreoni, Michelangelo Salvini e Benedetta Scalsini.

Redazione Web

Riccardo, Alessia, Biagio ed Elisa: ecco i primi Erasmus italiani a UniPi

3 giorni 4 ore ago
Riccardo, Alessia, Biagio ed Elisa sono fra i primi studenti italiani a varcare le soglie dell’Università di Pisa grazie al nuovo programma Erasmus Italia. Ciascuno con una storia, un progetto da realizzare. Riccardo Borsarelli arriva da Torino, studia filologia classica e a Pisa sta seguendo corsi in filologia greca e tardo-antica. Alessia Ambroso proviene dall’Università Federico II di Napoli, è iscritta a scienze biologiche e lavora a una tesi in neuroscienze sulla sclerosi multipla sotto la guida della professoressa Elisabetta Ferraro. Anche Biagio Aurimma è napoletano e frequenta la stessa università: è a Pisa per un progetto sulla malattia di Alzheimer condotto nel laboratorio del professor Marco Onorati, che potrebbe proseguire fino a dicembre. Elisa Veneruzzo, infine, viene da Padova e si sta dedicando a una tesi innovativa sull’applicazione della bioingegneria al monitoraggio non invasivo del benessere dei cavalli, frutto della collaborazione tra i dipartimenti di Ingegneria biomedica e Scienze veterinarie dell’ateneo pisano.
  Da sinistra Elisa Veneruzzo, Biagio Aurimma, Giovanni Paoletti, Alessia Ambroso e Riccardo Borsarelli   Sono dunque loro i pionieri del programma di mobilità nazionale Erasmus Italia varato lo scorso anno e ora entrato nel vivo grazie a un piano di accordi siglato dall’Università di Pisa con gli atenei di Pavia, Padova e Federico II di Napoli, e convenzioni singole con Roma Tre, Salento e Torino. Il programma, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, consente a studenti di laurea magistrale o a ciclo unico di svolgere un periodo di studio da tre a sei mesi in un’altra università italiana, con una borsa di mobilità mensile di 600 euro. “Gli studenti e le studentesse arrivati a Pisa in questo semestre sono ad oggi diciassette – ha commentato Giovanni Paoletti, prorettore alla didattica dell’Università di Pisa – La loro partecipazione e i loro primi pareri ci dicono che l’Erasmus italiano è un’esperienza che può funzionare. Abbiamo provato a cogliere questa occasione per valorizzare le potenzialità del sistema universitario italiano e rafforzare le reti di collaborazione con altri Atenei o crearne di nuove, anche sul piano didattico. Quest’anno l’importante era rompere il ghiaccio”. “Ma forse siamo riusciti a fare anche qualcosa di più – continua Paoletti – grazie all’impegno di tutti, a partire dai corsi di studio e alla Direzione didattica, e alla collaborazione con gli altri Atenei, in primo luogo Padova, Pavia e la Federico II con cui abbiamo l’accordo più ampio. Non mancano i problemi, a partire dalla difficoltà abitativa, ma gli studenti e le studentesse che sono oggi da noi hanno mostrato motivazione e trovato soluzioni. Alcuni di loro rimarranno a Pisa anche oltre il periodo previsto dalla mobilità, per completare il lavoro”. 

“Per il prossimo anno accademico – conclude Paoletti - sono previste maggiori risorse da parte del Ministero e come Ateneo stiamo ampliando le convenzioni in essere, mentre altre sono in dirittura d’arrivo. Si parte sempre da un accordo preliminare fra i corsi di studio, in modo che studentesse e studenti si inseriscano in un contesto pronto ad accoglierli, con obiettivi precisi. In particolare, per chi fa il percorso magistrale, usufruire di un soggiorno mirato in un altro Ateneo e conoscere un’altra realtà accademica può essere un importante valore aggiunto a livello di formazione e di esperienza universitaria in generale”.  
Redazione Web

L’Università di Pisa protagonista al Festival della Robotica 2025

4 giorni 1 ora ago

Dal 9 all’11 maggio torna a Pisa il Festival della Robotica, giunto alla sua quinta edizione, con un ricco programma che intreccia tecnologia, scienza, cultura e umanità. “Human centered vision” è il tema guida dell’evento, che pone l’uomo al centro dell’ecosistema robotico con incontri, laboratori, mostre, spettacoli e performance artistiche.

L’Università di Pisa è tra i principali protagonisti della manifestazione, contribuendo con contenuti scientifici, divulgativi e tecnologici che spaziano dalla robotica educativa alle applicazioni in medicina, agricoltura, cultura e sport. Cuore pulsante del Festival sarà l’esposizione permanente di piattaforme robotiche, curata dall’Università insieme alla Scuola Superiore Sant’Anna e alle aziende del territorio: uno spazio aperto al pubblico per scoprire da vicino le più avanzate tecnologie robotiche, in uso o in fase di sviluppo.

 

Tra gli appuntamenti spicca “Una star dal futuro”, spettacolo-intervista con Abel, il robot-attore empatico ideato al Centro di Ricerca “E. Piaggio” e sviluppato all’interno del progetto ForeLab del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Ateneo. Abel, unico nel suo genere, è in grado di interagire con le emozioni umane e sarà protagonista di un dialogo diretto con il pubblico.

Grande attesa anche per l’inaugurazione dell’Intelligent Lab for the Monitoring of Agri-Food (ILMAF), una nuova infrastruttura tecnologica all’avanguardia, finanziata dal PNRR e co-progettata dall’Università di Pisa, che metterà a disposizione della comunità scientifica sistemi intelligenti per il monitoraggio delle colture e la gestione ambientale nel settore agroalimentare.

L’Università sarà presente anche negli spazi dedicati alla medicina robotica, presso gli Arsenali Repubblicani, con personale esperto e simulatori per il training chirurgico, e parteciperà a convegni e talk scientifici sui temi dell’intelligenza artificiale applicata alla salute. Ampio il contributo anche nell’ambito della robotica educativa, con laboratori guidati da docenti e ricercatori per avvicinare i giovani alle tecnologie emergenti.

Non mancheranno infine le occasioni di confronto: giovani ricercatori dell’Ateneo presenteranno i propri progetti, illustrando anche le implicazioni etiche e sociali della robotica, mentre docenti universitari terranno presentazioni divulgative per il grande pubblico. Sabato è previsto un momento di networking tra studenti, neolaureati e aziende, per discutere delle opportunità offerte dal sistema innovativo pisano nel trasformare la ricerca in impresa.

”Il Festival della Robotica  - ha detto Corrado Priami, prorettore per la valorizzazione della conoscenza dell’Università di Pisa - è un appuntamento fondamentale il nostro Ateneo che mette molto impegno per valorizzare le competenze e le conoscenze all’interno dell’ateneo e per farle arrivare al pubblico, facendo capire i progressi di questo settore che ormai è presente in molti àmbiti della nostra società. C’è grande entusiasmo e abbiamo ritenuto di inviare questo esempio al Ministero come elemento di valutazione dell’Università di Pisa”

Il Festival della Robotica 2025 è organizzato dalla Fondazione Tech Care con la direzione scientifica del professor Mauro Ferrari, e si svolge con il sostegno di importanti istituzioni, tra cui la Regione Toscana, il Comune di Pisa, l’Università di Pisa, la Scuola Superiore Sant’Anna, la Scuola Normale Superiore e il Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Redazione Web

Al professor Alberto Del Guerra un prestigioso riconoscimento dalla IEEE Nuclear & Plasma Sciences Society

1 settimana 2 giorni ago

Alberto Del Guerra, già professore di Fisica presso l'Università di Pisa e associato all’INFN Sezione di Pisa, è stato insignito del "IEEE-NPSS Richard F. Shea Distinguished Member Award 2025". Questo premio, istituito nel 1986, viene assegnato annualmente dalla IEEE Nuclear & Plasma Sciences Society a un solo candidato sulla base di criteri che tengono conto dei ruoli di leadership ricoperti e della qualità della leadership; dei contributi innovativi e importanti alle attività della Società NPSS; del servizio e dedizione alla NPSS; dei risultati tecnici raggiunti. Alberto del Guerra è il primo italiano a riceverlo, con la seguente motivazione: "Per i contributi eccezionali e innovativi svolti all’interno della NPSS, in particolare per aver incoraggiato e incrementato il coinvolgimento internazionale della comunità di NPSS, per aver promosso e guidato la nomina a IEEE Fellow all'interno dell'NPSS, e per i contributi tecnici innovativi nel campo della fisica medica, in particolare per la PET e la terapia con particelle".

Alberto Del Guerra sì è laureato in Fisica all’Università di Pisa nel 1968 con una tesi sulla fisica degli acceleratori, per poi passare alla fisica sperimentale delle particelle presso l'elettrosincrotrone NINA di Daresbury (UK). Al suo ritorno a Pisa nel 1975, si dedicò alla ricerca in Fisica Medica, tematica che non avrebbe più abbandonato. La sua attività di ricerca è stata principalmente rivolta allo sviluppo di rivelatori di radiazioni ionizzanti in campo medico, in particolare alla tomografia a emissione di positroni (PET) e alla protonterapia. La sua produzione scientifica comprende oltre 400 articoli con più di 5000 citazioni. Ha ricoperto posizioni di Professore Ordinario presso l'Università di Napoli Federico II, l'Università di Ferrara, per poi rientrare all'Università di Pisa nel 1998. In ciascuna Università ha fondato e diretto gruppi di ricerca in Fisica Medica con numerosi collaboratori e studenti. Molti di loro ora ricoprono incarichi a tempo indeterminato presso università e centri di ricerca in Italia e all'estero.

Il contributo di Alberto Del Guerra al campo delle scienze nucleari applicate alla medicina non si è limitato all'insegnamento accademico e alla ricerca scientifica, ma ha incluso anche il suo incessante impegno nelle attività di promozione e partecipazione a società scientifiche (AIFM, EFOMP, EANM, ESR). A partire dalla fine degli anni ‘90 il suo interesse e la collaborazione scientifica e amministrativa nell’ambito della “IEEE-Nuclear and Plasma Sciences Society” divenne uno dei suoi impegni principali. Nel 2012 è stato nominato Fellow dell'IEEE ed è ora Life Fellow dell'IEEE.

È stato membro eletto dell'ADCOM, membro fondatore del Comitato Transnazionale, Presidente del Comitato di Valutazione dei Fellow e del Comitato di Ricerca di candidati idonei per divenire Fellow dell'NPSS.

Redazione Web

Anna Maria Raspolli Galletti eletta presidente della Divisione di Chimica Industriale della Società Chimica Italiana

1 settimana 2 giorni ago

Anna Maria Raspolli Galletti, professoressa ordinaria di Chimica Industriale all’Università di Pisa, è stata eletta presidente della Divisione di Chimica Industriale della Società Chimica Italiana per il triennio 2025-2027. Si tratta di un incarico prestigioso che, per la prima volta in Italia, viene ricoperto da una donna.

La Società Chimica Italiana, fondata nel 1909, è un’associazione scientifica che conta oltre 5.700 iscritti. I soci svolgono la loro attività nelle università e negli enti di ricerca, nelle scuole, nelle industrie, nei laboratori pubblici e privati di ricerca e controllo, nella libera professione. Essi sono uniti, oltre che dall’interesse per la scienza chimica, dalla volontà di contribuire alla crescita culturale ed economica della comunità nazionale, al miglioramento della qualità della vita dell’uomo e alla tutela dell’ambiente. La Divisione di Chimica Industriale della Società Chimica Italiana, che comprende 430 soci, si pone come principale traguardo quello di promuovere la cultura e la formazione chimica nel settore della Chimica Industriale.

“Sono davvero onorata di essere stata eletta alla presidenza della Divisione di Chimica Industriale della SCI in un momento di forte transizione e anche di grandi opportunità per l’industria chimica italiana e per la ricerca applicata – commenta la professoressa – La sfida rappresentata dalla transizione energetica e dalla sostituzione delle materie prime fossili nei processi produttivi richiederà al mondo accademico e all’industria chimica italiana un impegno sinergico che permetta di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità globale ormai imprescindibili”.

Anna Maria Raspolli Galletti è professoressa ordinaria di Chimica Industriale e durante la sua carriera ha ricoperto molteplici ruoli istituzionali presso l’Ateneo di Pisa: membro del Consiglio di amministrazione, presidente dei corsi di laurea in Chimica Industriale, vicedirettore del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale.

La sua attività di ricerca è rivolta all’ottimizzazione di processi chimici di interesse industriale adottando scelte in accordo con la green chemistry in modo da migliorarne la sicurezza e la sostenibilità ambientale, economica ed energetica. In particolare, si occupa della conversione catalitica di scarti agricoli e industriali per l’ottenimento di biofuels e innovativi prodotti chimici ad alto valore aggiunto. In questo ambito è ed è stata responsabile di moltissimi progetti di ricerca finanziati da aziende italiane e straniere e da organismi istituzionali italiani ed europei. La sua ricerca scientifica è documentata da oltre 200 pubblicazioni su riviste internazionali, da capitoli di libri e da oltre 20 brevetti, molti dei quali estesi all’estero.

Redazione Web

Dottoranda in Fisica dell’Università di Pisa vince concorso nazionale di narrativa Sulle vie della parità

1 settimana 3 giorni ago

Vittoria Stanzione, dottoranda in Fisica dell’Università di Pisa e allieva della professoressa Marilù Chiofalo, è risultata vincitrice ex aequo della Sezione C – Narrazioni del XII CONCORSO NAZIONALE Sulle vie della parità, promosso da Toponomastica Femminile in collaborazione con il Premio Italo Calvino.

Il suo racconto breve, intitolato Penelope dei quanti, pubblicato sulla rivista “Vitamine Vaganti”, rilegge il mito classico di Penelope attraverso una lente scientifica e simbolica, fondendo mito greco e fisica quantistica in una narrazione fantastica e allegorica.

"In una originalissima versione del mito – recita la motivazione della giuria - la protagonista si trova, in quanto donna, nella condizione di 'un elettrone sospeso in uno stato indefinito, in attesa che una misura la definisse', temendo che 'il mondo attorno a lei l'avrebbe costretta, comunque, su di un'unica traiettoria'. È la sua arte, il suo arazzo a salvarla svelandone le infinite possibilità. Molto apprezzati sia l'idea inedita di fondo sia lo stile del racconto".

“Penelope dei quanti” dà voce a una protagonista che non si limita ad attendere, ma si moltiplica in infinite versioni di sé: artista, guaritrice, ostetrica, navigatrice, insegnante, pensatrice. Ogni filo della sua tela rappresenta le potenzialità umane, ogni gesto un atto creativo e liberatorio. L’arazzo diventa una metafora della realtà quantistica e della libertà femminile.

Il concorso Sulle vie della parità, giunto alla XII edizione, promuove la parità di genere attraverso progetti educativi, artistici e culturali. La Sezione C, rivolta a studenti universitari, dottorandi e borsisti, valorizza la scrittura creativa come strumento di riflessione e cambiamento. Per questa edizione il tema era “Le donne e le arti” a partire da un incipit letterario che nel caso di Stanzione è la “La tela” di Simona Baldelli.

Redazione Web

Rafforzare la vaccinazione in carcere, pubblicate le prime indicazioni a livello europeo

1 settimana 3 giorni ago

Pubblicate le prime indicazioni a livello europeo per potenziare i servizi vaccinali negli istituti penitenziari. Il documento, intitolato “Strengthening vaccination services in prison settings: Public health guidance” è il risultato del progetto europeo RISE-Vac (Reaching the hard-to-reach: increasing access and vaccine uptake among prison populations in Europe), finanziato dal 3° Programma Salute dell’Unione Europea e coordinato dall’Università di Pisa. A guidare l’iniziativa, Lara Tavoschi, professoressa di igiene e medicina preventiva, affiancata da Erica De Vita, ricercatrice e da un gruppo di assegniste e specializzande tutte del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia. Il progetto ha coinvolto nove istituzioni partner in sei paesi europei (Italia, Regno Unito, Francia, Germania, Cipro e Moldova).

L’annuncio arriva in occasione European Immunization Week (EIW), promossa annualmente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che per l’edizione 2025 pone proprio l’accento sull’urgenza di garantire una copertura vaccinale elevata ed equa in tutte le comunità, senza lasciare indietro nessuno.

“Queste indicazioni – spiega Tavoschi - sono un passo avanti fondamentale per la promozione della salute pubblica in contesti caratterizzati da elevata vulnerabilità. I principali benefici attesi dalla loro adozione sono l’aumento della copertura vaccinale tra le persone detenute, il miglioramento dell’equità e dell’accesso alle cure, il rafforzamento della continuità assistenziale post-detenzione, nonché un coinvolgimento attivo di personale e detenuti tramite strumenti educativi mirati”.

Le raccomandazioni sono già state presentate alle istituzioni sanitarie e penitenziarie dei paesi coinvolti, dove sono in corso le prime applicazioni pilota. Uno degli elementi distintivi del progetto RISE-Vac è stata infatti lo studio sul campo che ha coinvolto vari istituti penitenziari con un approccio fortemente partecipativo. Detenuti e personale penitenziario, ad esempio, sono stati attivamente coinvolti nella co-creazione di materiali educativi multilingue – tra cui video, opuscoli e percorsi formativi – disponibili gratuitamente sul sito del progetto.

“Con la pubblicazione di queste indicazioni - conclude Tavoschi - l’Università di Pisa consolida il proprio ruolo guida nella ricerca europea per la salute pubblica e contribuisce concretamente alla definizione di strategie vaccinali più inclusive ed efficaci, anche nei contesti più complessi”.

Redazione Web

“Il blackout in Spagna ci ricorda l’importanza del Sistema elettrico per l’energia”

1 settimana 3 giorni ago

Lunedì 28 aprile nella penisola iberica si è manifestato un ampio black-out, termine che, pensando alla “luce” che se ne va e al buio che ne consegue, indica la mancanza di energia elettrica. Si è visto, per chi non ci avesse mai pensato, che senza l’energia elettrica si ferma tutto, gli elettrodomestici, i semafori, le infrastrutture telematiche, gli ascensori, i treni…

L’energia elettrica è fornita da quello che si chiama il “Sistema elettrico per l’energia”, che è esattamente l’argomento di un mio insegnamento all’Università di Pisa. Questo sistema ha il compito di fornire ai carichi tutta l’energia che richiedono e lo fa producendo istante per istante, 24 ore su 24 questa energia (più una piccola aliquota perduta lungo le linee e negli altri componenti del sistema), adeguandosi continuamente alle necessità sia dei carichi stessi che dei sistemi di generazione da fonti non programmabili, quali la solare e l’eolica. 

Per ottenere questo risultato il esso è dotato di un complesso sistema di regolazione e controllo che continuamente modifica l’assetto dei suoi componenti (alternatori, convertitori elettronici, delle linee di trasmissione, ecc.) che gli consente, salvo casi rarissimi, di rimanere stabile a seguito di perturbazioni anche significative: un guasto su una linea, su un alternatore, un improvviso distacco di carico, un fenomeno atmosferico di grande entità.

Può però accadere (per fortuna, come dicevo, solo in rarissimi casi) che questo complesso apparato non ce la faccia ad affrontare una particolare contingenza. In questi casi può avvenire un black-out, e intere nazioni possono essere disalimentate per ore. Accadde nel 2003 in Italia, è accaduto ieri in Spagna.

Il sistema elettrico per l’energia si è sviluppato prevalentemente nel XX secolo ed è da alcuni considerato “maturo”. In realtà esso è tutt’ora oggetto di profonde trasformazioni, pilotate soprattutto dalla necessità inderogabile di promuovere la decarbonizzazione attraverso l’uso di fonti energetiche rinnovabili. E pertanto continua a necessitare di competenze di alto livello sia per la gestione quotidiana che per la programmazione degli investimenti e dei suoi sviluppi futuri.

A questo riguardo sicuramente una figura centrale è costituita dall’ingegnere elettrico. Gli ingegneri elettrici (in un prossimo futuro si potrebbero chiamare opportunamente ingegneri dell’energia elettrica) sono appunto dei tecnici la cui vocazione consiste nella organizzazione della produzione, trasporto a distanza, controllo e distribuzione agli utenti dell’energia elettrica. E la nostra università possiede un ottimo corso di studi di laurea magistrale in Ingegneria elettrica.

Ancora non sappiamo molto delle cause che hanno portato al blackout in Spagna. Potrebbero consistere in deficit strutturali o anche semplici errori nel controllo, magari indotti da un attacco hacker. Ora per i tecnici del sistema spagnolo è il momento di lavorare per ripristinare il sistema; solo dopo verranno le analisi, i resoconti, e le contromisure.

Esso ci ha però sicuramente ricordato quanto sia importante l’energia elettrica e come senza di essa tutte le attività sostanzialmente si fermano. Il sistema elettrico per l’energia è un grande patrimonio della nostra società, da continuare a far crescere per far fronte alle nuove sfide che deve affrontare, prima di tutto la decarbonizzazione che si realizza prevalentemente attraverso produzione di energia elettrica da fonti non climalteranti e l'elettrificazione dei carichi.

Prof. Massimo Ceraolo
Dipartimento di Ingegneria dell'Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni

Redazione Web

Musica, memoria e solidarietà: il Concerto di Primavera dell’Università di Pisa

1 settimana 4 giorni ago

Una serata all'insegna della musica, della memoria e della solidarietà quella che si è svolta domenica 27 aprile al Teatro Verdi di Pisa, in occasione della Giornata della Solidarietà. Il Concerto di Primavera, organizzato dal Centro per l’Innovazione e la Diffusione della Cultura (CIDIC) dell'Università di Pisa, in convenzione con il Conservatorio “Pietro Mascagni” di Livorno, ha raccolto un pubblico numerosissimo: il teatro era al completo, a conferma dell'interesse e della partecipazione della città e della comunità accademica.

Protagonista dell'evento è stata l'Orchestra dell'Università di Pisa, nata nel 2010 su iniziativa della professoressa Carolyn Gianturco e oggi parte integrante del Polo Musicale "Maria Antonella Galanti" del CIDIC, sotto la responsabilità scientifica del professor Fabrizio Cigni. Alla guida dell'orchestra, il maestro Manfred Giampietro, direttore stabile sin dalla fondazione, ha proposto un programma di grande suggestione che ha unito il lirismo malinconico di Robert Schumann con l'energia vitale di Ludwig van Beethoven.

Dopo l'apertura con l'Ouverture “Coriolano” di Beethoven, pagina intensa e drammatica ispirata alla figura tragica del condottiero romano, il pubblico ha potuto ascoltare il Concerto per violoncello e orchestra op. 129 di Robert Schumann, affidato al talento di Giada Campanelli, giovane solista dell’Orchestra e studentessa dell’Università di Pisa. La serata è duqnue arrivata a conclusione con l’esecuzione della Sinfonia n. 8 in Fa maggiore op. 93 di Beethoven, una delle opere più brillanti e leggere del compositore di Bonn.

 

Redazione Web

Laureata in Fisica all'Università di Pisa vince lo Young Experimental Physicist Prize 2025

1 settimana 4 giorni ago

Laura Zani, laureata in Fisica nel 2016 all'Università di Pisa e dottore di ricerca nello stesso ateneo nel 2020, ha vinto il prestigioso Young Experimental Physicist Prize 2025 della Divisione di Fisica delle Alte Energie e delle Particelle della European Physical Society (EPS). Il premio, conferito a giovani fisici sperimentali che si sono distinti nei primi anni di carriera, riconosce l'eccellenza nella ricerca nel campo della fisica e dell'astrofisica delle particelle.

Laureatasi e formata presso il Dipartimento di Fisica "E. Fermi" dell’Università di Pisa e la sezione pisana dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Laura Zani si è distinta per il suo contributo innovativo alla ricerca di fenomeni oltre il Modello Standard. Dopo un'esperienza formativa presso lo Stanford Linear Accelerator Center (SLAC) negli Stati Uniti, ha iniziato a lavorare sugli esperimenti delle B-factories, prima con BaBar e poi con Belle II in Giappone, focalizzandosi sulla ricerca di mediatori di materia oscura e decadimenti rari del leptone tau.

Durante il suo dottorato, ha firmato la prima pubblicazione di fisica dell’esperimento Belle II e ha ricoperto ruoli di grande responsabilità come la guida del Tau Physics Analysis Working Group e il coordinamento del Silicon Vertex Detector. Il suo impegno nella calibrazione, nell’analisi dei dati e nella gestione della qualità delle misure ha consentito a Belle II di raggiungere risultati di punta, imponendo limiti stringenti su decadimenti rari del tau e migliorando significativamente le prestazioni del rivelatore.

Oggi ricercatrice a tempo indeterminato presso la sezione INFN di Roma Tre, Laura Zani continua a contribuire in modo decisivo allo studio delle violazioni di sapore leptonico e alla ricerca di nuova fisica, consolidando il suo ruolo di riferimento nella comunità internazionale della fisica delle particelle.

 

Redazione Web

L’intestino parla al cervello: gli squilibri del microbiota intestinale sono la causa di alcuni disturbi del neurosviluppo

2 settimane 2 giorni ago

Il disturbo da deficienza di CDKL5 (CDD) è una malattia genetica rara e grave che colpisce prevalentemente le bambine, causando encefalopatia, epilessia farmaco-resistente, gravi ritardi nello sviluppo motorio e cognitivo, e problemi visivi. Fino ad oggi, le terapie si sono concentrate principalmente sul cervello, ma una svolta inaspettata arriva da uno studio coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e pubblicato sulla rivista Cell Reports: per la prima volta è stato dimostrato come uno squilibrio nel microbiota intestinale (l'insieme dei batteri che popolano il nostro intestino) abbia un ruolo causale in alcuni sintomi neurologici del disturbo da deficienza di CDKL5.

“È stato sorprendente scoprire un legame così stretto e causale tra l'intestino e le manifestazioni neurologiche in questa malattia. Guardare all'intestino per capire e trattare una malattia del cervello non è più fantascienza” afferma Paola Tognini, ricercatrice presso il Centro Interdisciplinare Health Science della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e coordinatrice dello studio.

Le cure sul microbiota portano a un miglioramento delle risposte neurali
La ricerca ha analizzato soggetti modello per la CDD, scoprendo che la composizione del loro microbiota intestinale era profondamente diversa da quella dei soggetti sani, specialmente nelle fasi giovanili dello sviluppo. Ma la ricerca è andata oltre. Somministrando antibiotici contro il microbiota “alterato”, si è verificato un netto miglioramento delle risposte neuronali e del comportamento nei soggetti malati.

Durante le sperimentazioni condotte da Francesca Damiani, dottoranda del laboratorio BIO@SNS della Scuola Normale Superiore e prima autrice dello studio, è stato trapiantato il microbiota intestinale dei modelli CDD in modelli sani. Sorprendentemente, i modelli sani che hanno ricevuto il microbiota "malato" hanno iniziato a sviluppare alcuni dei sintomi tipici della CDD. Questa è la prova diretta che il microbiota alterato non è solo una conseguenza della malattia, ma ne influenza attivamente i sintomi neurologici.

"I nostri dati suggeriscono che le alterazioni del microbiota non sono un semplice effetto collaterale, ma giocano un ruolo attivo. Questo ci offre un bersaglio completamente nuovo: modulando il microbiota intestinale, ad esempio con probiotici mirati, diete specifiche o persino il trapianto di microbiota, potremmo essere in grado di migliorare la qualità della vita dei pazienti e potenziare l'efficacia di altre terapie” spiega Paola Tognini.

La collaborazione con Normale, Unipi, CNR e Max Planck Institute
Hanno partecipato allo studio Maria Grazia Giuliano (SSSA), Elena Putignano dell’istituto di Neuroscienze del CNR di Pisa, Andrea Tognozzi, dottorando dell’Università di Pisa, Sara Cornuti (SNS) e Tommaso Pizzorusso, direttore del Laboratorio BIO@SNS della Scuola Normale Superiore. L’analisi nei diversi modelli è avvenuta grazie alla collaborazione con Vera Kalscheuer e Vanessa Suckow del Max Planck Institute di Berlino.

Nonostante la nostra lunga esperienza nello studio della CDD – afferma Tommaso Pizzorusso, professore ordinario di Neurobiologia presso la Scuola Normale Superiore – questa ricerca ci ha aperto gli occhi. Per la prima volta abbiamo avuto una prova chiara di quanto sia limitante concentrarsi su un solo organo per lo studio delle malattie. È essenziale ampliare la prospettiva e indagare le interconnessioni sistemiche, come quella intestino-cervello, per comprendere a fondo le cause e le manifestazioni delle malattie neuropsichiatriche.”

Questo studio si è sviluppato grazie all’interazione e al supporto economico delle famiglie dei pazienti, riunite nell’associazione CDKL5 Insieme Verso la Cura: una sinergia che sottolinea l'importanza del legame tra ricerca e pazienti.

 

Redazione Web

A ottanta anni dalla liberazione di Auschwitz e dell’Italia: il primo memoriale di un italiano sopravvissuto ai lager

2 settimane 2 giorni ago

In questo 25 aprile ricorre l’80° anniversario della liberazione d’Italia dal giogo fascista e nazista, e più precisamente dell’insurrezione generale proclamata dal Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia. Ma questa data è come il culmine di un processo più complesso, che conosce una tappa cruciale nel 27 gennaio precedente, giorno della liberazione del Campo di sterminio di Auschwitz da parte dell’esercito sovietico. Tra il 25 aprile e il 2 settembre 1945, fine ufficiale della II guerra mondiale con l’atto di resa del Giappone, si registrano anche i primi memoriali stesi o ispirati da sopravvissuti italiani ai Lager.

Il più famoso di questi ossia Se questo è un uomo è datato, come lo stesso Primo Levi scrive, «Avigliana-Torino, dicembre 1945 - gennaio 1947». Tuttavia Levi, insieme con l’altro ebreo torinese Leonardo De Benedetti, aveva già steso, nel campo di transito di Katowice e «su richiesta del Comando Russo del Campo», tra il marzo e il giugno 1945, un Rapporto sulla organizzazione igienico-sanitaria del campo di concentramento per Ebrei di Monowitz, consegnato alle autorità russe non sappiamo in quale lingua e comunque pubblicato dagli autori solo più tardi, il 24 novembre 1946, sulla rivista «Minerva Medica» (XXXVII, 47, pp. 355-544).

Quello che presentiamo nell’incontro del 23 aprile 2025 – promosso dal CISE presso il Dipartimento di Filologia Linguistica e Letteratura dell’Università di Pisa – pare il primo memoriale di un sopravvissuto italiano dai Lager andato a stampa, ed è stato scritto in condizioni in parte analoghe a quelle del Rapporto Levi-De Benedetti. Il testo infatti è datato 15 maggio 1945 ed è stato steso da Silvio Guarnieri in base alla testimonianza di Luigi Rozzi, sopravvissuto da Mauthausen e Auschwitz-Monowitz, ove si era salvato come Primo Levi: era stato abbandonato nel campo al momento della marcia della morte cui i prigionieri furono costretti, perché impossibilitato a muoversi per un incidente a una gamba. Ma Luigi Rozzi fu più fortunato di Levi, che sarebbe rientrato a Torino solo il 19 ottobre 1945 e nel settembre stava ancora attraversando la Romania, come scrive nel libro La Tregua («vedemmo sfolgorare, la notte del 23 settembre, i fuochi dei pozzi petroliferi di Ploesti»). Luigi invece già nel maggio 1945 varcava la soglia dell’Istituto di Cultura Italiana di Timişoara, allora diretto da Guarnieri e divenuto un centro di assistenza per italiani sopravvissuti dai Lager o reduci.

Rozzi fu rifocillato, fu rivestito, cominciò a raccontare. Si era in una rappresentanza diplomatica italiana, con una certa disponibilità di fonti ufficiali e giornalistiche, e i suoi ricordi poterono essere confermati e integrati. Il memoriale, steso in quei giorni e datato 15 maggio 1945, venne subito pubblicato in romeno, col titolo Numarul 202.133 (‘Il numero 202.133 racconta’) sul settimanale «Lupta patriotică», il 4 giugno 1945. Il sopravvissuto, che aveva quel numero tatuato sul braccio, si rimise in cammino con in tasca la versione italiana del memoriale, raggiunse l’Italia nel giugno e riuscì a pubblicare il testo, col titolo Campi di eliminazione nella Germania nazista, nell’agosto 1945 presso la Tipografia Ebranati di Salò, ove risiedevano alcuni suoi familiari. Il fatto che questo memoriale sia uscito quasi in contemporanea in romeno e in italiano ne fa un caso di grande interesse, ed è per questo che all’incontro del 23 aprile partecipano studiose e studiosi tanto di italianistica (Marina Riccucci, Giancarlo Bertoncini e chi scrive) quanto della lingua e cultura romena (Bruno Mazzoni, Doina Condrea Derer, Emilia David, Edoardo Giorgi).

L’incontro assume un particolare rilievo per l’Ateneo pisano. Guarnieri, originario di Feltre, si era laureato a Firenze in Legge e in Lettere e aveva stretto forti legami col direttore di «Solaria» Alessandro Bonsanti e coi frequentatori del caffè Giubbe rosse Montale, Gadda, Ferrata, Loria, Vittorini e altri. Lasciò l’Italia per sfuggire all’oppressione del fascismo nel 1938, dopo aver vinto il posto di Direttore di Istituto di Cultura italiana in Romania. Dopo il suo rientro in Italia e l’impegno come professore e preside di scuola a Feltre, fu chiamato nel 1960, su suggerimento di Luigi Russo, a insegnare Letteratura italiana moderna e contemporanea nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa; divenne inoltre, nel 1963, docente di Lingua e letteratura romena presso il Corso di Laurea in Lingue e letterature straniere della Facoltà di Economia e Commercio e quindi presso la Facoltà di Lingue e letterature straniere. Fu anche preside dell’Istituto Tecnico Commerciale di Pontedera e consigliere comunale a Pisa dal 1966 al 1975.

Ma l’Università di Pisa entra indirettamente anche nella vicenda di Luigi Rozzi. Originario del bresciano, egli si era laureato in Ingegneria al Politecnico di Milano; quando il 28 ottobre 1943 fu arrestato dalle SS, guidate da una spia fascista, era dipendente della Magneti Marelli di Sesto San Giovanni. Faceva parte di una rete antifascista che aiutava la lotta partigiana con l’uso di radio ricetrasmittenti, rete che comprendeva, o forse faceva capo a Carlo Mendel, catturato lo stesso 28 ottobre e, come ricorda il memoriale di Rozzi, fucilato nel dicembre 1943 con altri suoi compagni all’Arena di Milano, «in segno di rappresaglia per l’uccisione del Federale di Milano, Aldo Resega». Mendel nel 1932 era stato ammesso alla Scuola Normale e il 23 novembre 1937 – poco prima delle leggi razziali che lo avrebbero colpito come ricercatore – si era laureato in Fisica a Pisa, con una tesi diretta da Luigi Puccianti, già supervisore della tesi di Enrico Fermi e maestro di tanti fisici pisani.

Non è possibile in questa sede esaminare più a fondo il memoriale di Guarnieri e Rozzi; colpisce però la fredda obiettività con la quale viene presentata, nella sua efficienza tecnica e distruttrice, la «crudeltà organizzata» del sistema dei Lager: il testo intitolato Il numero 202.133 racconta in gran parte non è un racconto ma mostra come «l’ing. Luigi Rozzi non esisteva più», era divenuto solo «un numero […] cucito alla giubba […] tatuato sul braccio».

Il volume Cronache di guerra e di pace, curato da Adriana Guarnieri con Giacomo Corazzol e pubblicato da Manni nel 2022, contiene il racconto Il numero 202.133 che ripete, con molte varianti, il memoriale del 1945 e prosegue mostrando come Guarnieri e Rozzi, dopo la fine della guerra, si siano di nuovo incontrati, a Milano, a Feltre e a Pisa. Per la delusione rispetto agli sviluppi sociali e politici del dopoguerra, e sotto la persistente influenza della logica darwinistica del Lager, secondo cui «egli doveva tempestivamente approntare le proprie difese […], cercar di salvare il poco che aveva o che poteva avere», Rozzi aveva accentuato il «suo sentirsi differente proprio da coloro ai quali era stato più legato»; «in tal modo – scrive Guarnieri – senza avvedersene egli infine condannava se stesso, condannava la propria esperienza passata». Ma da queste pagine emergono, pur avvolte da un alone di riservatezza che porta a omettere persino i nomi propri, le vicende personali di Rozzi ed emergono in particolare due figure femminili, la compagna con cui viveva al momento dell’arresto (sposata dopo la fine della guerra) e colei che, dopo la morte della prima moglie, avrebbe sposato.

Abbiamo dunque una testimonianza molto precoce del sistema dei Campi di eliminazione nella Germania nazista, ma anche, senza retoriche glorificazioni, una vicenda complessa e delicata. Il fatto che all’incontro del 23 aprile partecipino Adriana Guarnieri, figlia di Silvio, e Chiara Rozzi, figlia del testimone Numero 202.133 ad Auschwitz (con un contributo pure di Sergio Ebranati, nipote del primo stampatore italiano del memoriale) è il miglior modo per rispettare e valorizzare le preziose memorie di cui parliamo, a ottant’anni da quando furono scritte. 

Fabrizio Franceschini
Università di Pisa

Redazione Web

I pesci sbadigliano… e si contagiano a vicenda: una scoperta che riscrive l’evoluzione del comportamento sociale

2 settimane 3 giorni ago

Per la prima volta, un team di ricerca delle Università di Pisa ha dimostrato che anche gli zebrafish – piccoli pesci d’acqua dolce noti per le loro capacità sociali e le somiglianze genetiche con l’uomo – sono in grado di “contagiarsi” a vicenda sbadigliando. Un comportamento che finora era stato documentato solo in mammiferi e uccelli, lasciando credere che fosse esclusivo degli animali a sangue caldo con sistemi sociali evoluti. Lo studio pubblicato su Communications Biology apre così nuovi scenari sull’origine di questa “risonanza motoria” e suggerisce che le radici del contagio dello sbadiglio potrebbero risalire a più di 200 milioni di anni fa.

 

I ricercatori hanno osservato che, in risposta ai video di altri zebrafish che sbadigliano, i pesci protagonisti dell’esperimento tendevano a fare altrettanto, con una frequenza quasi doppia rispetto ai video di controllo, in cui si mostravano normali comportamenti respiratori. Un effetto del tutto paragonabile a quello osservato nell’essere umano. Non solo: i pesci coinvolti sbadigliavano spesso accompagnando il gesto a una sorta di “stiracchiamento” – la pandiculazione – un comportamento noto in uccelli e mammiferi, utile per ripristinare l’attività neuromuscolare e precedere un cambiamento motorio, come un cambio di direzione nel nuoto.

Ma perché i pesci dovrebbero sbadigliare “in gruppo”? La domanda potrebbe trovare una risposta nella loro natura sociale di questi piccoli pesci. La sincronizzazione tra individui è fondamentale per i banchi di pesci - spiega la professoressa Elisabetta Palagi del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa - coordinarsi significa aumentare la vigilanza, migliorare la ricerca del cibo e difendersi meglio dai predatori. In quest’ottica, il contagio dello sbadiglio si configura come un raffinato strumento di coesione sociale”.

“L’aspetto forse più sorprendente della scoperta riguarda però l’evoluzione di questo comportamento - aggiunge Massimiliano Andreazzoli del dipartimento di Biologia dell’Ateneo pisano – e in questo caso due sono le ipotesi possibili. Il contagio dello sbadiglio è un tratto ancestrale, emeros nei primi vertebrati sociali e mantenuto da alcune linee evolutive fino a oggi. L’altra possibile interpretazione è che si tratti di un meccanismo emerso in modo indipendente in diverse specie, a testimonianza del ruolo cruciale che la coordinazione sociale ha avuto – e ha tuttora – nella sopravvivenza”.

Insieme ad Elisabetta Palagi e Massimiliano Andreazzoli ha lavorato un team di giovani ricercatori e studenti, come Alice Galotti e Matteo Digregorio, dottorandi in Biologia, e Sara Ambrosini, studentessa magistrale. La parte legata all’IA è stata invece sviluppata dal professore Donato Romano, esperto di robotica bioispirata, e Gianluca Manduca, dottorando presso la Scuola Superiore Sant’Anna. Grazie a un sofisticato modello di deep learning da loro sviluppato all’Istituto di BioRobotica è stato possibile distinguere con precisione i veri sbadigli dai semplici atti respiratori, rendendo oggettiva l’osservazione e replicabili i risultati.

 

Redazione Web

Robotica, digitalizzazione e vivaismo ornamentale: Unipi protagonista all’evento inaugurale del Festival della Robotica 2025

3 settimane ago

Ha preso ufficialmente il via con l’evento “Robotica, digitalizzazione e vivaismo ornamentale” la quinta edizione del Festival della Robotica, manifestazione dedicata alle applicazioni della robotica nei settori più innovativi della società. L’iniziativa si è svolta giovedì 17 aprile 2025 presso il Centro per la Ricerca GEA - Green Economy and Agriculture di Pistoia, e ha rappresentato il primo appuntamento del ricco programma del festival.

La giornata, promossa con il contributo scientifico del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa, ha offerto un ampio spazio di confronto su tecnologie digitali e automazione applicate al settore del vivaismo ornamentale, con l’obiettivo di promuovere una transizione ecologica e sostenibile del comparto.

 

Dopo i saluti istituzionali del Dott. Luca Gori (Presidente della Fondazione Caript), del Prof. Mauro Ferrari (Direttore Scientifico del Festival della Robotica), del Dott. Lorenzo Vagaggini (Presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali di Pistoia) e del Prof. Francesco Ferrini (Università di Firenze, Presidente del Distretto Vivaistico Pistoiese), si sono succeduti numerosi interventi tecnico-scientifici. In particolare, i contributi del Prof. Lorenzo Cotrozzi e del Prof. Luca Incrocci dell’Università di Pisa hanno illustrato soluzioni innovative per la difesa fitopatologica e la gestione smart dell’irrigazione in vivaio.

Ulteriori spunti sono emersi dagli interventi sulla robotica applicata al vivaismo – a cura della Dott.ssa Sofia Matilde Luglio (UniPI) e del Prof. Daniele Sarri (UniFI) – e dalle presentazioni di tecnologie avanzate come il lisimetro automatico introdotto dal Dott. Alexander Kocian (UniPI) e i sistemi di monitoraggio intelligente a supporto della gestione del verde discussi dalla Dott.ssa Sonia Cacini (CREA-OF) e dal Dott. Alessandro Montaghi (CNR-IRET). La visione aziendale e le opportunità di innovazione sono state infine approfondite con gli interventi di rappresentanti di Syngenta Italia (Dott. Stefano Cerchiai) e Crédit Agricole (Dott. Alberto Pedani).

Il pomeriggio è stato dedicato a dimostrazioni sperimentali e a stand espositivi, dove aziende del settore (Biofresh, Japan Concept, Netsens, Qprel, Fercad, Rossi macchine agricole e Husqvarna) ed enti di ricerca hanno presentato dal vivo le tecnologie trattate.

L’evento, accreditato dalla Federazione Regionale Toscana dei Dottori Agronomi e Forestali, ha visto un’importante partecipazione di professionisti, ricercatori e studenti.

Con questa giornata inaugurale, il Festival della Robotica 2025 si conferma come un appuntamento di riferimento per la promozione dell’innovazione tecnologica nei diversi ambiti della società, a partire da quello agricolo e ambientale.

Redazione Web
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2 ore 40 minuti ago
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